Archivio dell'autore: Alessandra Mascaretti

Informazioni su Alessandra Mascaretti

Alessandra Mascaretti lavora da vent'anni nell'editoria. Vive e soffre a Milano.

Il coraggio di avere coraggio

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Il coraggio non è una virtù eroica, non è né uno spettacolo né una rappresentazione. Il coraggio non è assenza di paura, semmai è non avere paura della paura. Se non si ha paura di niente, non serve neanche avere coraggio. La sfida vera non è essere irresponsabili, bensì trovare l’equilibrio che consente di muoversi in condizioni non codificate, con la coscienza dei rischi che ciò comporta. Il coraggio è la forza d’animo… Non è una forma di sapere, è una decisione. Non è un’opinione o una fede, è un atto. Per avere coraggio, bisogna darne prova.  E non se ne dà prova quando tutto è chiaro bensì quando non sappiamo cosa ci può succedere, come possiamo dominare gli avversari: persone, condizioni, situazioni, pericoli, malattie. Il coraggio non si situa nell’area della ragione, ma della passione. La ragione è universale, il coraggio è singolare.  La ragione è anonima, il coraggio è personale. Bisogna dimostrarlo, se no non esiste. Se uno non ce l’ha, non è che non se lo possa dare, come diceva Don Abbondio. Se uno non ce l’ha, deve imparare a darselo. E l’unico modo è esercitarlo nel presente, per il futuro sono capaci tutti. Quando vanno in crisi le aspettative rispetto ai comportamenti degli altri, ci vuole coraggio a credere che le regole valgano ancora. Soprattutto di questi tempi, ci vuole coraggio ad avere fiducia negli altri. Infine, che rapporto c’è tra coraggio e speranza? La speranza non aiuta a essere coraggiosi. È quando non c’è speranza che serve veramente il coraggio. Per avere coraggio ci vuole, oggi, coraggio.

Tratto da: Il coraggio. Le virtù civili, Asmepa Edizioni, Bologna 2012.

http://www.asmepaedizioni.it/

Neve sul Partenone

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In attesa dei consigli del nostro Silvestro, continuiamo a sognare… Dunque, non so perché ma continuo a struggermi per New York. Ci sono stata qualche giorno l’anno scorso ma è solo servito a stuzzicarmi la voglia. Poi mi piacerebbe molto andare a Tangeri… E a Petra. Un saltino a Pietroburgo, con la Neva ghiacciata, tornando da Atene, per vedere il Partenone sotto la neve. E voi? Scriviamo il diario di un viaggio immaginario?

Vacanze immaginarie

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Ho sempre amato viaggiare anche perché, essendo nata in un altro continente da genitori italiani, l’ho sempre fatto fin da piccola. Venivamo in Italia d’estate a trovare i nonni, e l’emozione dell’aereo, delle notti della partenza, svegli fino a tardi, “in transito” da un mondo all’altro, con le luci fredde degli aeroporti e l’odore di kerosene della pista, sono entrati nel mio dna. Da un po’ di anni però – vuoi il lavoro, vuoi i bambini, vuoi la crisi – non ci sono né soldi né tempo per farlo. Ma ho trovato una soluzione: il mio viaggio è seguire, sognare, immaginare i viaggi degli amici. Condividere con loro la scelta della destinazione e i preparativi della partenza. Mettere la mia fantasia al servizio della loro concretezza. E’ divertentissimo e molto economico. Per esempio… se potessi partire domattina dove andrei? Forse a Copenhagen, forse a Capetown, forse a New Orleans… O forse su una bella spiaggia, al caldo, con la luce così forte che ferisce gli occhi e illumina la mente.

Raccontandosi…

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Forse non lo sappiamo ma passiamo il tempo a raccontarci. Questo racconto inconscio, quotidiano, ripetitivo, se ci crediamo davvero, può anche prendere una forma più concreta e diventare un gioco, un sogno, una terapia. Raccontandosi si vive, si sorride, si ricorda, si guarisce, si ringiovanisce, si impara a invecchiare, si torna bambini, si progetta, si ripensa, si inventa un domani migliore. Raccontare la propria storia, scrivere di sé, rende il cuore elastico e la mente pronta, allena le dita, rinfresca la memoria, coltiva l’immaginazione, apre porte chiuse da anni, scopre finestre dove pensavamo ci fosse un muro cieco, riporta alla superficie odori, sapori, colori. Raccontarsi vuol dire rinascere, riassaporare il passato con il senno del presente e con la prospettiva del futuro. Non è solo bello, è necessario. Farlo con “carta e penna”, stenderlo su un “foglio”, sulle pagine di un “libro”, pensare che qualcuno ci possa leggere, può addirittura trasformarsi in un regalo, che facciamo a noi stessi, che doniamo agli altri, che teniamo in un cassetto aspettando il momento buono per tirarlo fuori, come un coniglio – morbido, candido, onirico – dal cilindro della nostra vita.

 

“Aperti per voi”

badgeGrazie ai volontari del Touring Club Italiano, si aprono al pubblico musei, aree archeologiche, palazzi storici, chiese, che finora non erano visitabili in modo sistematico. Ogni volontario dedica almeno 4 ore alla settimana a questo prezioso impegno. www.touringclub.it

Ricordatevi: ovunque viviate, i volontari del Touring club italiano sono una potenza di entusiasmo e vigore.

Un dono speciale, di Roberto Piumini

Quest’anno Natale
mi ha fatto un bel dono,
un dono speciale.

Mi ha dato allegria,
canzoni cantate
in gran compagnia.

Mi ha dato pensieri.
parole, sorrisi
di amici sinceri.

Dei vecchi regali
non voglio più niente.
A ogni Natale
io voglio la gente.

Roberto Piumini

In cerca di Alice

Ponete il caso che andate in palestra, cadete e battete la testa. Quando vi riprendete scoprite che siete diversa da come credevate di essere… Più chic, più acida, più rigida, più magra, più efficiente. In altre parole, più triste. E di dieci anni più vecchia. Ma non tutto il male viene per nuocere e questo inquietante vuoto di memoria – che comprende anche i tre figli, un divorzio in corso, improbabili meringate per la festa della scuola e un’amicizia forse un po’ troppo stretta -, oltre a causare qualche comico incidente di percorso, rimette tutto in discussione, mescola le carte e aiuta Alice a far affiorare la sua vera natura. Che come sempre sta da qualche parte in mezzo. Il libro è delizioso, uno di quelli per cui non vorresti mai alzarti dal divano. Nella sua leggerezza, ora dolce ora amara ma sempre intelligente, è impossibile per una “ragazza” non identificarsi con Alice, in entrambe le sue versioni. Ed è impossibile, almeno di non essere molto molto giovani, non sentirsi addosso il peso di quei dieci anni: apparentemente non lasciano traccia ma, da dentro, possono scavare dei solchi che, a meno di non cadere in palestra, possono rivelarsi pericolosamente incolmabili… Chiudendo l’ultima pagina ho pensato: mai perdersi d’occhio!

Liane Moriarty, In cerca di Alice, Feltrinelli

Samba de uma nota só

Ecco qui questo sambinha fatto con una nota sola, altre note entreranno ma la base è una sola, quest'altra è conseguenza di ciò che ho appena detto, come io sono la conseguenza inevitabile di te.
C'è tanta gente, in giro, che parla tanto e non dice niente, o quasi niente, mi sono servito di tutta la scala e alla fine non è rimasto niente, non è servito a niente.
E così sono tornato alla mia nota come torno da te, racconterò alla mia nota quanto sono preso da te, e chi vuole tutte le note – re mi fa sol la si do – resta sempre senza nessuna, resta con una nota sola.

In tempi di sobrietà, quale miglior colonna sonora di un sambinha fatto su una nota sola, cioè su un'unica linea melodica? Siamo nel 1963, e la bossa nova sta conquistando il mondo. Nasce alla fine degli anni cinquanta, dalla sensibilità di Antonio Carlos Jobim, Vinicius de Mor&&&ælig;lig;lig;s e João Gilberto. Si ispira alla rive gauche, a certa musica minimalista europea e americana, interpretando in modo rivoluzionario la ricchissima tradizione popolare brasiliana. Insomma, è un samba suonato e cantato "baixinho", a bassa voce, quasi per caso, controtempo, senza clamore, senza scene. Ma in questo understatement, il ritmo incalza, accompagna, sorprende, inventa, suggerisce continue vie d'uscita ai binari in cui la vita – e la crisi – ci costringono. E riempie il mondo di fantasia, di allegria, di nostalgia. E di splendida, potentissima energia.  
 

Nuovi nonni per nuovi nipoti, di Silvia Vegetti Finzi

“La sintonia che unisce nonni e nipoti fa convergere i loro sguardi verso un futuro incontaminato, carico di attese e di possibilità. Accanto a un bambino che cresce non c’è posto per la vecchiaia.”
Così Silvia Vegetti Finzi ci racconta, in un libro p&œlig;tico, saggio, divertente e commovente al tempo stesso, come sono cambiati i nonni e come sono cambiati i nipoti. Per farlo, ci racconta come sono le nuove famiglie, le loro speranze e le loro radici. E, così facendo, parla a tutti, a anche a chi non è nonno né mai lo sarà. E' un racconto appassionante, che ci ricorda come eravamo, e ci fa sognare come saremo, domani. La “nonnità” è un dono improvviso, un trepido augurio di speranza. Con un bambino tra le braccia il mondo nasce un’altra volta e ricomincia da capo. Rallegrati da un’estensione di gioventù, i nonni tornano fanciulli per crescere insieme ai nipoti, per cambiare con loro. Meno ambiziosi dei genitori, alleggeriti dall’obbligo di educare e dalla fretta di vivere, si concedono il lusso di giocare, di raccontare, di “perdere tempo”, ricambiando la società dell’efficienza con la moneta della libertà, la potenza della gioia, la forza delle radici. I nonni, lievi e disinteressati, amano i loro piccoli per quello che sono, non per quello che potrebbero essere. E, guidandoli delicatamente nel cammino della vita, lasciano il loro segno nella storia del mondo.

 Nuovi nonni per nuovi nipoti è in edicola in questi giorni, allegato al Corriere della Sera.  

Biblioteca dei genitori – Belletà

Oggi in edicola con il Corriere della Sera, Belletà, di Gustavo Pietropolli Charmet e Fulvio Scaparro.

Viviamo in una cultura che tende a trasmetterci due immagini opposte e irriducibili dei giovani: da un lato gli adolescenti angelicati della pubblicità, dall’altro un’adolescenza maledetta, suicida, perduta, della quale avere paura. Ma nulla di buono può venire dalla paura, né da stereotipi che non incontrano mai la realtà.
Charmet e Scaparro, insofferenti a tanto conformismo, parlano della “belletà” dando voce ai sognatori, agli artisti, e prima di tutto ai ragazzi, di oggi e di ieri. E li scoprono immersi nelle loro contraddizioni, creativi, affamati di miti e di storie, preoccupati di non riuscire a immaginare il loro domani. L’adolescenza non va etichettata ma va ricordata, compresa e vissuta per quello che è. A noi il compito di coltivarla nel suo bisogno urgente e profondo di inventare il futuro.

Biblioteca dei genitori

Il bambino della notte di Silvia Vegetti Finzi sarà in edicola con il Corriere della Sera questo venerdì, e non quello scorso, scusate…

L'agosto dei genitori sarà ricchissimo. Il 10 agosto esce, di Francesco Stoppa, La restituzione, un saggio interessantissimo anche per i non genitori. Si è rotto il patto tra le generazioni, che prevede che uno restituisca a quella dopo ciò che ha ricevuto da quella prima. Forse anche perché i genitori/nonni di oggi si sono arrogati il monopolio della rivoluzione, della contestazione, della immaginazione al potere. Pensano che "giovani come loro nessuno mai" e non lasciano  ai ragazzi la possibilità di crescere, di essere diversi, di inventarsi un sogno.

Il 17 agosto, Adolescienza, di Charmet e Loredana Cirillo. Quante storie, quante difficoltà nel separarsi dalla propria infanzia, nell'incanalare in modo armonico le proprie energie, nello scoprire la propria identità… E quante speranze, quante aperture, quante possibilità…  

Il 24 agosto, è il momento di Talis pater, di Fulvio Scaparro. Un gruppo di papà si ritrova con i loro figli un agosto in un casolare in Maremma, che si chiama Il salmone felice… E, tra una birra e l'altra, discute di paternità, passando da Che Guevara alla famiglia Addams, da re Salomone a Marlon Brando… Da leggere, per capire che si può essere padri solo unendo la serietà e la libertà del raccontarsi, del leggersi, dell'ascoltarsi… 

Il 31 agosto, Francesca Mazzucchelli, in Il sostegno alla genitorialità, raccoglie gli interventi di psicologi, medici, giudici, sociologi, assistenti sociali, per far sentire i genitori meno soli. Là fuori c'è una rete pronta a sostenerli nei momenti di difficoltà.

Il bambino della notte – Biblioteca dei genitori

Ognuno di noi è nato da una mamma. A partire da questo ovvio presupposto, crediamo di sapere tutto della maternità: la madre sarebbe un contenitore biologico, programmato per dare al bambino, con cui è in simbiosi perfetta, cure ottimali. Se ciò non avviene, come succede sempre, è colpa di una sua qualche disfunzione, che la fa sentire perennemente inadeguata. In realtà, quello materno è un compito insieme naturale e sociale, familiare e perturbante, istintivo e intellettuale. Ha a che fare con l’etica, con la cultura, con la filosofia, con la psicoanalisi e, perché no, con la realizzazione di sé. Il bambino della notte ci regala un appassionante percorso nell’inconscio individuale e collettivo, che ridona spessore alla maternità in tutta la sua complessità simbolica ed esistenziale.

Il bambino della notte, di Silvia Vegetti FInzi, sarà in edicola da questo venerdì.

Un nuovo padre? Biblioteca dei genitori

La rivolta contro il padre è finita. Oggi non c'è più traccia di quella figura autoritaria che caratterizzava la famiglia tradizionale, ma si impone il bisogno di un nuovo padre accudente, pacifico e affettivo, il cui sguardo di ritorno permette al figlio di crescere separandosi dall’infanzia e aprendosi al domani. Di fronte alla noia, alla vergogna, alla paura, alla rabbia, alla nostalgia, alla tristezza che offuscano e talvolta paralizzano l'adolescenza, il nuovo padre introduce il ragazzo alla complessità del mondo, lo sostiene nella messa a fuoco della sua identità sessuale, dà fiducia ai suoi progetti e lo aiuta ad accettare le delusioni incoraggiandolo a conquistare l'indipendenza e a costruire il futuro. Vostro padre com'era? E voi come siete con i vostri figli?

In edicola, con il Corriere della Sera, Un nuovo padre. Il rapporto padre-figlio nell'adolescenza, di Gustavo Pitetropolli Charmet.

Figli sereni di amori smarriti – Biblioteca dei Genitori

L’amore di coppia può finire. Ma non finisce mai l’esigenza di amare e crescere serenamente i propri figli. La separazione è un “evento svolta” e il suo esito dipende da come la si affronta: alcuni riescono a uscirne più forti convertendo la dissoluzione della famiglia in una sua riorganizzazione più aperta, più autentica, più feconda; altri entrano in un circolo vizioso, dannoso per tutti coloro che ne sono coinvolti, prima di tutti i bambini. In queste pagine intense, fatte di storie, di incontri e di addii, Donata Francescato sfata gli stereotipi che da sempre mistificano gli “amori smarriti” e racconta il destino, spesso fertile, delle sempre più frequenti famiglie allargate, indicando una strada di tolleranza e di mediazione che sola può portare a un futuro – individuale e sociale – migliore.

Mamme acrobate

“La mamma acrobata è una donna che aspira a una esistenza nella quale ci sia posto per tanti ingredienti diversi: il lavoro, la maternità, l’amicizia, l’amore, i valori personali, i sogni per il futuro.” Ecco come definisce Elena Rosci le mamme di oggi, in precario, talora divertente, talora angosciante equilibrio sul filo della vita, senza rinunciare alla felicità. La loro parola chiave è "in bilico". Tra passato e futuro, tra figli e lavoro, tra realizzazione degli altri e realizzazione di sé. Lasciata alle spalle la sicurezza della famiglia tradizionale e di modelli di riferimento compatti, solidi, inattaccabili, le mamme acrobate vivono nell’incertezza: di valori, di ruoli, di identità. Ma l'incertezza, come si sa, può anche essere vissuta come occasione, per cambiare, per migliorare, per inventare nuovi sentieri da esplorare. In questo loro viaggio creativo, le mamme acrobate riconoscono le loro contraddizioni, rinunciano all’onnipotenza e, soprattutto, ammettono l’ambivalenza dei sentimenti. L'amore implica anche invidia, aggressività, stanchezza, fatica, noia. Eppure, è ciò che dà senso alle nostre vite, a patto che si sappia ascoltare quello che ci viene detto dai nostri bambini, e che si sappia cambiare direzione se la situazione lo richiede. Non è facile rimettersi sempre in gioco, ma è proprio nel continuo domandare senza aspettarsi risposte che le mamme trovano la loro forza, anche quella di ritentare dopo aver sbagliato. Alla fine, ciò che le accomuna è la ricerca, l’aspirazione a un equilibrio che si trova soltanto rischiando la propria fantasia, i propri sogni, la propria fragilità.


 Venerdì 6 in edicola con il Corriere della Sera

Genitori che amano troppo

Troppo amore può far male, troppa libertà provoca angoscia, troppa complicità impedisce di crescere, di sognare, di immaginare il futuro. Ecco la tesi, un po' controtendenza, di Caroline Thompson, che, in Genitori che amano troppo (in edicola questo venerdì con il Corriere della Sera),  ci racconta di come l'amore possa anche essere un'arma a doppio taglio. Il bambino di oggi è un sovrano assoluto, che finisce però prigioniero del proprio regno. Va bene la compresione, la tolleranza, la pretesa della felicità. Ma non se servono solo a mascherare l'egocentrismo dei genitori, a placare la loro paura di perdere, per troppa severità, l'affetto dei loro figli. La società in cui viviamo, così narcisistica e individualistica, sembra indicare l'amore come l'unica regola, come la possibile scorciatoia per evitare i tornanti della fatica educativa. Eppure, solo dando loro dei paletti i bambini possono diventare adulti equilibrati e responsabili.

Voi nelle scorciatoie ci credete oppure no?