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Breve storia del cioccolato / 2

Continua, dopo la prima puntata, la nostra breve storia del cioccolato.

2. In Francia il cioccolato arrivò con il matrimonio della povera Anna d'Austria (che nonostante il nome era spagnola puro sangue) con l'insopportabile Luigi XIII nel 1615, ma divenne di moda dopo il 1659 con il matrimonio successivo, tra Luigi IV e Maria Teresa d'Austria (spagnolissima anche lei).
David Chaillou tra il 1659 e il 1688 fu, per regio decreto, l'unico cioccolatiere di Parigi (cioè di Francia). I pareri sul cioccolato all'epoca sono contrastanti: chi gli attribuisce grandi qualità, tra cui quelle afrodisiache, chi lo accusa di minare la salute. Nel complesso, però, i pareri medicali sono più pro che contro. E comunque, coltivare cacao nelle colonie francesi d'oltremare sembrava un ottimo affare.
Nella seconda metà del '600 si estese anche all'Inghilterra (N.B. Il famoso White's Chocolate House fu aperto nel 1693 da un italiano!), al Belgio (che come nazione ancora non esisteva), all'Olanda e alla Germania. Diventa una bevanda alla moda, preparata nelle case o nei caffé, ma sempre per gente danarosa. Non a caso, Johan Sebastian Bach scrisse una cantata dedicata al caffé, molto più economico e alla portata anche di un povero musicista di corte tedesco.
Le ricette europee del tempo usano il cioccolato in modo più fantasioso delle nostre attuali, impiegandolo spesso anche in piatti 'salati' o a base di carne (tutt'ora la si impiega per la lepre in salmì) , mischiato a polenta, noci, formaggio, acciughe e quant'altro.
Nel 1687, il dottor Hans Sloane, in visita ai tropici scoprì che aggiungendo del latte la cioccolata era più buona. Questa preziosa idea sarebbe stata sviluppata ulteriormente nell'800.
Intanto gli astuti Olandesi, che stavano sviluppando un impero coloniale in Asia, con la decadenza della Spagna, diventarono i principali commercianti di cacao a livello mondiale. Intanto tutte le nazioni che avevano colonie si premuravano di piantare cacao ovunque il clima fosse stato caldo e umido, dall'Africa alle isole dell'Oceano Indiano. continua…
 

Dentro la fabbrica del cioccolato

Qualche giorno fa ho visitato per la prima volta una fabbrica di cioccolato.
Al mio ingresso in fabbrica mi ha avvolto un profumo intenso e un tepore invitante come quello di un camino acceso, poi mi sono innamorata degli ingranaggi di macchine nuovissime che si muovono come personaggi di un cartone animato della Pixar scorrendo, girando, sbattendo, riempiendo, staccando, avvolgendo qualcosa che poi diventa, un cioccolatino, un block fondente da un chilo o un ovetto al latte con dentro una principessa in miniatura. Accanto alle macchine si muovono esseri umani, con camici e cuffie che controllano che tutto funzioni, con l’espressione compunta di un’ostetrica che legge il tracciato di monitoraggio di una partoriente.
Il cioccolatino appena sfornato che mi viene offerto a visita terminata ha un sapore impagabile e del tutto diverso, perché ora ho conosciuto il suo viaggio, e la sua storia.
La fabbrica in questione è stata fondata nel 1913 da Luigi Zàini e dopo 100 anni porta ancora il suo nome. E’ una delle poche aziende familiari dolciarie italiane che ha resistito a guerre, crisi, passaggi generazionali. Gli attuali proprietari,  i fratelli Luigi e Antonella Zàini, tengono fede sia al sogno del nonno che al testamento morale lasciato loro dal papà Vittorio e dallo zio Piero. La loro è una storia avventurosa, ricca di colpi di scena, che ruota attorno a nonna Olga. Un’allure da diva del cinema, quattro figli di cui due non suoi, la scomparsa prematura del marito, non impedì a questa donna straordinaria di condurre fabbrica, famiglia e m&ælig;stranze nei difficili anni della seconda Guerra mondiale. Intuizione e audacia, concretezza e disciplina è quello che traspare dai racconti dei nipoti, un’alchimia di ingredienti che potrebbero oggi essere di ispirazione a molti imprenditori.
Prima di accomiatarmi chiedo ai due fratelli un ricordo d’infanzia, legato alla Fabbrica. Luigi, ad dell’azienda, ha un guizzo negli occhi e senza riserve ammette che il giorno più bello era quello che seguiva la Pasqua, quando da bambini si poteva andare in fabbrica e prendere a martellate le grandi uova con sorpresa, le poche rimaste invendute. Antonella mi regala un’immagine speciale di suo padre: sempre preso dalle sue responsabilità e dai suoi pensieri, divisi tra il lavoro e la passione per la corsa a cavallo (Vittorio Zàini è stato uno dei migliori gentleman rider italiani) è un uomo rigoroso, ma che quando la sera fa il suo rientro a casa rivela, sfilandosi il cappotto, profumo di cioccolato.