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Rientrare in carcere

san_vitt Dopo molti anni passati dentro il carcere – 19 per l’esattezza – mi ritrovo a dover varcare ancora la porta d’ingresso. La prima sensazione è stata capire se stavo entrando o uscendo da quel mondo che per tanti anni avevo atteso… Il problema, dopo tutto quel tempo, è che non sai più a quale realtà appartieni; il carcere è una vita differente da quella che ti saresti aspettata, ma comunque è vita. Quando esci i problemi sono moltissimi: ti senti inadeguata e senza una collocazione sociale, che ti eri invece creata all’interno dell’istituto di pena. È difficile ricominciare e, quando dopo otto mesi, forse, cominci farcela…ti ritrovi a rientrare. È ancora più dura! Eh già! Di nuovo in quel mondo parallelo deresponsabilizzato e con la sensazione di un fallimento molto più grande. Credevi di non doverci tornare. Ma le cose non vanno quasi mai come ci aspettiamo, soprattutto se facciamo in modo di creare i presupposti per sbagliare di nuovo – poco o tanto che sia. Quindi, di nuovo qui, dentro o fuori da quel cancello che separa due diverse forme di vita , seppur entrambe, secondo me, prive di libertà effettiva. La libertà è soggettiva, interiore, non è un cancello che ci rende liberi, ma la forza di liberarci dai condizionamenti. Detto ciò, anch’io soffro per il ritorno in carcere, ma, realisticamente parlando, avrei potuto evitarlo se solo avessi resistito ancora un po’ nell’onestà; niente succede per caso, secondo me, e sono sicura che avevo di nuovo bisogno di varcare quel cancello per scegliere, definitivamente, da che parte avrei voluto vivere. I fallimenti servono per crescere e rialzarsi e anche per conoscere a fondo i tuoi limiti.

Cent’anni di solitudine

Gabriel Garcia Marquez

Dalle nostre parti dicono: quando un amico se ne va, lascia uno spazio vuoto che non si può riempire se non con l’arrivo di un altro amico. Quando un amico se ne va, si è perduta una stella che non tornerà più a brillare. Se per noi una stella non brilla più, si è spenta, però lascia al mondo il ricordo della sua fiamma. In Sud America, ma anche in tutto il mondo c’è un gran vuoto, tutti i latino americani piangono Gabriel Garcia Márquez, scrittore, grande poeta e grande lottatore per i diritti calpestati del nostro Continente, flagellato dall’imperialismo. L’eredità che lascia una persona quando muore è la grandezza che diventerà indimenticabile con un segno indelebile in tutto il mondo. Chi di noi non ha mai fatto una tesi sul suo best seller Cento anni di solitudine, con la sua ricchezza soprattutto spirituale, morale e civile. La differenza tra un profeta e un poeta è che il profeta vive di quello che ci insegna, e il poeta non lo fa, può scrivere dei versi d’amore senza amare. L’arte dello scrittore è sapersi rivolgere all’umanità, parlare di amore, bellezza e sapere che tutto il bello non è buono, ma noi sappiamo che tutto ciò che si scrive sulla bontà è bello. Ciao Maestro, Poeta, per tutta la ricchezza letteraria che ci lasci. Ma non saranno cento anni di solitudine, perché tu sei di fianco a noi. Hasta siempre compañero!

Risotto alla Traviata

risotto

Ecco il racconto di una serata magica di Mirna e Francesca

Ciao da Mirna e Francesca. Vi vogliamo raccontare come abbiamo vissuto la sera della Traviata, la prima della Scala, qui a San Vittore. Siamo andate, un gruppo di donne, nel settore maschile, nella rotonda,  dove era stato tutto bene allestito per ospitare più o meno 200 persone fra detenuti e ospiti esterni. La prima cosa che abbiamo notato è stata che noi donne eravamo dietro,  gli uomini davanti e di fianco a noi, insieme alle altre persone, c’erano figure importanti come il Ministro della Giustizia Cancellieri, il magistrato Bruti Liberati, l’oncologo Veronesi e altri.

A dire la verità, questa Traviata così moderna non ci è piaciuta molto, anzi, non vedevamo l’ora che finisse; ho notato un ragazzo con le cuffie sulle orecchie e ho chiesto a Franci: “Credi che quello lì sia una guardia del corpo?”. Lei si mette a ridere e, burlandosi di me, mi risponde: “Non vedi che ascolta la partita alla radio!” Che figura!

Poi ci si avvicina il Ministro Cancellieri, ci chiede come stiamo e dice di non preoccuparsi perché farà tutto quello che è in suo potere per dare un’amnistia o l’indulto, che non dipende tutto da lei. La ringraziamo e, nel silenzio che si è creato dopo le sue parole, una nostra compagna le dice: “ Ma, lei Ministro spinga, spinga.” Abbiamo a stento trattenuto le risate per educazione e per non ferirla. Comunque questa donnona grande e con la faccia buona ci ha trasmesso tenerezza e speranza, l’unica che non ci abbandona mai.

Arrivano le pause, da noi molto attese: chi doveva andare in bagno, chi si prendeva un rinfresco, tè e biscotti fatti dalle donne dall’ICAM, e, se Dio vuole arriva anche la fine, tra applausi e fischi. Abbiamo commentato l’opera fra di noi, chi l’aveva apprezzata e chi no; so che la mia opinione non vale molto, però la dico ugualmente: quella non è il tipo d’opera che mi piace, preferisco qualcosa di più allegro e poi, se la devo dire tutta, mi sarebbe piaciuto vederla con i costumi d’epoca, anche perché io, occupandomi della sartoria di San Vittore sono molto interessata agli abiti. “E tu, Franci, come hai vissuto questa Traviata?” “Mi sono annoiata da morire, quasi mi pento di essere venuta.” Io ribadisco che è stato comunque importante per noi, abbiamo fatto qualcosa di diverso, nella monotonia di giornate interrotte solo dal lavoro e da qualche corso.

 

Poi, come per magia, viene il bello, prima il bastone poi la carota. Eravamo tutti insieme, con la gente comune, abbiamo parlato un po’ con tutti, dei nostri progetti per il futuro, abbiamo trovato tante persone disposte a venire a tenere corsi per noi, a fare volontariato e a insegnarci quello che sanno. Lungo i corridoi che portano ai raggi delle celle maschili erano allineati dei tavoli, preparati con molta cura, nel primo c’erano le bibite e il panettone, nei successivi, enormi pentoloni di questo meraviglioso risotto alla milanese. Non sapevamo come comportarci, così abbiamo aspettato fino a quando qualcuno ci ha invitato ad andare a mangiare il risotto e ci ha consigliato di andare all’ultimo tavolo dove era appena arrivato il grande pentolone, per cui non si era ancora ammassata tanta gente. Che meraviglia quel risotto, erano anni che non ne mangiavo di così buono, “E tu, Franci, l’hai assaggiato?” “Come no, Mirna, non solo l’ho assaggiato, ho fatto anche il bis, però, siccome mi vergognavo, ho cambiato tavolo, così me lo sono gustato per bene, bravissimi in cucina!” Poi c’era un tavolo con caffè, tè e una grandissima cesta piena di clementini e ci siamo fermate anche lì. Alla fine ci viene incontro l’educatrice e ci chiede se avevamo provato il panettone regalato dal Prefetto, che, nel frattempo, aveva lasciato la Scala e si era unito con sua moglia alla nostra festa. Questo panettone, fatto ancora in modo artigianale, era meraviglioso, non potevamo certo perdercelo, anche se le altre si stavano raggrupando per tornare al femminile. Mentre stavamo gustando questa leccornia, qualcosa si muove, vengono a recuperarci come bambini a una gita scolastica e così finisce questa stupenda serata, con il cuore felice e la pancia piena.

“Tu che dici, Franci, lo rifaranno, tutto, compreso il risotto?” Speriamo di sì, anzi facciamo un appello, vogliamo ancora la risottata di Stefano e dei suoi ragazzi: bravi, bravissimi!

Un altro progetto tranquillo andato a segno: Oltre gli occhi

san vittore

Cara Lina,

volevo ringraziarti per quello che tu e Quartieri Tranquilli state facendo per il nostro giornale “Oltre gli occhi”. Fino a qualche mese fa il nostro progetto editoriale era nascosto tra le mura di San Vittore. Grandi sogni, grandi aspettative ma non eravamo riuscite, le detenute, Renata ed io, a renderlo visibile. Tramite i vostri contatti capillari e la tua gentile e simpatica collaborazione, ci avete aiutato a diventare realtà. “Oltre gli occhi” è stato presentato in Regione e un benefattore ci ha regalato la stampa e l’impaginazione. Questo spero sia solo l’inizio di una lunga e profonda amicizia e collaborazione Grazie veramente di cuore da parte di tutte noi

Simona Salta