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Sguardi al lavoro. Rassegna cinematografica

  sguardi al lavoro Il titolo più atteso probabilmente è l’ultimo in programma: difatti per chiudere la nona edizione della rassegna promossa da Inail è stato scelto – in anteprima – Due giorni, una notte di Jean-Pierre e Luc Dardenne. Le riflessioni, i ragionamenti, le rappresentazioni, le difficoltà e le declinazioni attorno al mondo del lavoro attraverso il cinema proseguono con altri undici film tra i quali Per altri occhi di Silvio Soldini e Giorgio Garini, Sacro Gra di Gianfranco Rosi, La nostra terra di Giulio Manfredonia, In grazia di Dio di Edoardo Winspeare e – altra anteprima – Buoni a nulla di (e con) Gianni Di Gregorio. Tutto gratuito, dal 21 al 24 ottobre al cinema Apollo (Galleria de Cristoforis 3): per il programma completo, gli orari e altre informazioni www.spaziocinema.info e www.inail.it

Walking on Sunshine, regia di Max Giwa e Dania Pasquini

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Puglia sole amore cuore mare e ancora equivoci, complicazioni, inganni, nostalgia, balli, tanta musica anni ottanta, energia, freschezza, leggerezza, spensieratezza, simpatia, vitalità: meno di due righe per consigliare Walking on sunshine dove due sorelle in vacanza in Puglia amano lo stesso uomo, il prestantissimo Raf. Il film è leggero, si diceva, anzi leggerissimo, esile ed evanescente quanto mai però oltremodo scacciapensieri, qualità da non sottovalutare.

Le Week-End, regia di Roger Michell

Le Week-End, regia di Roger Michell

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Nick e Meg, entrambi sui sessanta, tornano a Parigi – dove andarono in viaggio di nozze – per festeggiarne il trentesimo anniversario. Il week-end rischia di diventare ogni momento una luna di fiele, un po’ è cambiata la città, certo, ma soprattutto sono cambiati loro.

E tra bilanci, ricordi, insofferenze e rancori alternati a sprazzi di spensieratezza e slanci di passione la coppia – complice l’incontro casuale con Morgan, un vecchio collega di Nick – si riconosce e si ritrova.

Per quanto tempo? Chissà, intanto il fine settimana si conclude sui passi di un ballo, a un caffè.

A giugno spuntano nelle sale alcune sorprese, come il film diretto da Roger Michell dove alla bravura di Jim Broadbent, Lindsay Duncan e Jeff Goldblum vanno aggiunti l’equilibrata e non scontata sceneggiatura di Hanif Kureishi – delicata al punto giusto, cinica quanto basta e a tratti un po’verbosa – e il fascino della Ville Lumière.

Tutta colpa del vulcano, regia di Alexandre Coffre

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Alain e Valérie – un tempo sposi – si detestano.

Si ritrovano a bordo dello stesso aereo diretto in Grecia, al matrimonio della figlia comune.

Ma i capricci di un vulcano islandese dal nome complicato (ricordate? accadde nell’aprile 2010) dirottano il traffico dei cieli di tutta Europa atterrando i voli e i due – costretti a dover raggiungere la stessa meta con qualunque mezzo – si odieranno istericamente, tra mille peripezie e vari e improbabili incontri.

Tutta colpa del vulcano ha il peggior difetto che un film che si sforza di far ridere di continuo non dovrebbe avere: non si ride mai o comunque di rado e molto a fatica.

Detto questo non ci si annoia anche perché il viaggio fino in Grecia attraversa luoghi belli, invitanti e molto fotogenici.

Maps to the Stars, regia di David Cronenberg

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Quante ombre tra le mille luci e le rigogliose palme di Los Angeles: l’attrice che invecchia male, il bambino prodigio nevrotico, due genitori incestuosi, la figlia piromane, i morti che rivivono, l’ autista di limousine con il pallino della recitazione e altri mostri contemporanei in caduta libera.

David Cronenberg racconta fragilità, ossessioni, solitudini e invidie nell’America di oggi dove non ci sono più sogni né vie d’uscita per nessuno (finiranno tutti malissimo!) e divide: per alcuni Maps to the Stars è un capolavoro memorabile, per altri è un film sgangherato, deludente e senza né un senso né un centro.

Per quanto mi riguarda mi schiero con questi altri e ho resistito fino alla fine con enorme fatica.

Ilaria d’Andria

Chinatown, regia di Roman Polanski.

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Volge al termine la bella rassegna di dieci classici del cinema restaurati dalla Cineteca di Bologna e proiettati in tutto il loro splendore in una selezione di sale italiane di prima visione.

Chiude il ciclo di appuntamenti con Il cinema ritrovato (speriamo poi in nuovi restauri, per rivedere altre meraviglie) Chinatown di Roman Polanski, intrigante e intricato giallo del 1974 interpretato da Jack Nicholson e Faye Dunaway.

Ultimo giorno di proiezioni martedì 3 giugno all’Anteo (via Milazzo 9): per gli orari, il progetto completo e altre notizie www.ilcinemaritrovato.it   e anche www.spaziocinema.info

Leggi tutti gli articoli in Brera.

Fuoristrada, regia di Elisa Amoruso. Al MIC

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Roma, quartiere San Giovanni.

Il meccanico romano Beatrice (nato Pino) e la badante rumena Marianna vivono un amore diverso e fuori dalle convenzioni ma normale affrontando uniti, affiatati e complici le vicende quotidiane della vita così come vengono e Fuoristrada tallona questa strana coppiasenza forzature e con una spontaneità che conquista: evviva, ci siamo, finalmente il film documentario di ElisaAmoruso – vincitore del concorso Rivelazioni alla dodicesima edizione de Il cinema Italiano visto da Milano – dal 14 maggio è sullo schermo del Museo Interattivo del Cinema, in viale Fulvio Testi 121. Le proiezioni continuano fino a sabato 31 maggio, una al giorno sempre alle ore 21, per i biglietti e per saperne di più: www.cinetecamilano.it

 

Solo gli amanti sopravvivono, regia di Jim Jarmusch

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Premessa: non mi piacciono i film sui vampiri né quelli sugli zombi e di solito li evito, ma il film di Jim Jarmusch mi incuriosiva quel tanto da trascinarmi in sala.

Eve e Adam sono due vampiri belli, seducenti, eleganti e colti, si amano da qualche secolo, osservano annoiati il decadimento del presente per colpa dei vivi (gli zombi, appunto) e si muovono nelle notti di Detroit e di Tangeri alla ricerca di sangue sicuro (i due non mordono i colli!).

Conclusione: Solo gli amanti sopravvivono è un film romantico, raffinato, elegante e colto come i due protagonisti – interpretati da Tilda Swinton e Tom Hiddleston –, le atmosfere sono fascinose, magnetiche e suggestive ma è decisamente pesante e ha momenti eterni di una noia mortale dove si fatica a restare svegli.

Cinema: Eroine romantiche alle Gallerie d’Italia

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Dopo Nanà di Jean Renoir e dopo Anna Karenina di Clarence Brown giovedì 15 maggio (e anche domenica 18) arriva Adele H., una storia d’amore di François Truffaut: continua alle Gallerie d’Italia (piazza della Scala, 6) la bella rassegna dedicata dalla Fondazione Cineteca Italiana a film aventi come protagoniste donne coraggiose che hanno vissuto, hanno rischiato e hanno lottato difendendo i propri ideali. Il ciclo – a ingresso libero – prosegue fino al 5 giugno con Malombra di Mario Soldati (22 e 25 maggio), Ritratto di signora di Jane Campion (29 maggio e 5 giugno) e Ragione e sentimento di Ang Lee (1° giugno): per gli orari e altro c’è il sito www.cinetecamilano.it/notizie/eroine-romantiche/

Cinema: Marina, di Stijn Coninx

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Mi sono innamorato di Marina una ragazza mora ma carina ma lei non vuol saperne del mio amore…: tutti conoscono le parole di Marina, pochi conoscono il nome dell’autore che nel 1959 rese la canzone famosa nel mondo, di sicuro quasi nessuno conosce la vita di Rocco Granata e della sua famiglia, emigrati nel 1948 dalla Calabria in Belgio.

Ce la ricorda il regista belga Stijn Coninx e Marina oltre a raccontare la passione di Rocco per la musica  – iniziata fin da bambino ma ostacolata dal padre minatore nel timore si trattasse solo di un sogno – si sofferma sullo sfruttamento e sul disprezzo subito dagli italiani in Belgio, tutte cose da ripassare per non dimenticare.

Proprio una bella storiona popolare, di quelle che prendono fino alla fine, commuovendo pure.

E gli interpreti sono bravi, intensi e in parte, a cominciare dal sorprendente Matteo Simoni nel ruolo di Rocco e da Luigi Lo Cascio e Donatella Finocchiaro, il papà e la mamma.

CInema: Tracks – Attraverso il deserto Regia di John Curran

 

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Tutto vero.

Nel 1977 la venticinquenne Robyn Davidson decise di attraversare a piedi 2.700 chilometri di deserto australiano – alla ricerca di se stessa – in compagnia di tre cammelli birbanti e del fedele cane Diggity. L’avventura – estrema e folle – finì bene, Robyn scrisse un libro di successo, ecco il film: i paesaggi sono belli e misteriosi, Mia Wasikowska cammina, suda, soffre e resiste – insomma, è molto brava e si cala a perfezione nella parte di Robyn –, ma il racconto – che rimanda spesso al passato della protagonista per spiegare le motivazioni del viaggio  – è un po’monotono (centodieci minuti: troppi) e la colonna sonora è invadente.

Detto questo il film prende e si segue con piacere.

Cinema: Locke di Steven Knight

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Ottantacinque minuti: tanto dura il viaggio nella notte di Ivan Locke – stimato costruttore edile atteso a casa da moglie e figli e da una partita trasmessa in tv da vedere tutti insieme – a bordo di una Bmw, dal cantiere a Londra. Per il giorno seguente è fissata un’importante colata di cemento ma lui può soltanto organizzarla con scrupolo e non presiederla perché la telefonata di una donna sta travolgendo – e riscrivendo – la sua vita, e se prima di quel tragitto Locke aveva un lavoro, una casa e una famiglia – insomma delle solide fondamenta -, telefonata dopo telefonata (in viva voce) e chilometro dopo chilometro si ritrova senza più nulla.

Interamente e splendidamente girato dentro l’abitacolo dell’automobile e ancora interamente nonché splendidamente interpretato da Tom Hardy, Locke è un film potente sull’assunzione di responsabilità in seguito alle azioni commesse e in quella macchina – partecipi del dramma morale del protagonista – finiamo catapultati pure noi spettatori.

Per ottantacinque minuti serrati,  emozionanti e intensi,  tanto dura Locke.

Institut français Milano: Rendez-vous. Nuovo cinema francese

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Alceste à bicyclette è il titolo originale di Molière in bicicletta, la commedia gustosa e raffinata diretta da Philippe Le Guay, uscita in Italia qualche mese fa: se non l’avete ancora vista o se avete voglia di rivederla (l’occasione è molto ghiotta, nella versione in italiano molti passaggi vanno dispersi) sabato 10 maggio alle ore 20.00 – nella sede dell’Institut français, in corso Magenta 63 – Alceste à bicyclette sarà proiettato nell’ambito di Rendez-vous. Nuovo cinema francese, la rassegna – arrivata alla quarta edizione – che a partire dal 7 maggio e per quattro giornate presenta una selezione di otto opere della cinematografia francese contemporanea, tutte ovviamente in versione originale coi sottotitoli in italiano.

Amour et turbulences di Alexandre Castagnetti, Un chateau en Italie di Valeria Bruni Tedeschi e Camille Claudel 1915 di Bruno Dumont sono altri tre film in programma e l’elenco completo – assieme alle modalità di partecipazione (due proiezioni sono al cinema The Space Odeon e per due serate è necessaria la prenotazione) – è sul sito institutfrancais-milano.com

Cinema: “Alla ricerca di Vivian Maier” di John Maloof e Charlie Siskel

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Non è una storia tratta da un romanzo ma è una storia vera avvincente, incredibile e accattivante come e più di un romanzo.

Vivian Maier visse facendo la bambinaia presso le famiglie dell’alta borghesia di Chicago e mentre cresceva i bambini scattava fotografie di strada – all’incirca centomila – senza  però svilupparle.

Per una serie di coincidenze raccontate nel film, nel 2007 John Maloof compra all’asta una scatola di negativi, ne resta affascinato nonché incuriosito e – deciso a conoscerne l’autore – dopo qualche anno si mette alla ricerca della sconosciuta fotografa (scomparsa nel 2009) ricomponendone la vita e l’opera  attraverso ricordi, testimonianze, luoghi.

Chi cerca trova, Maloof trova Vivian – nel frattempo messa in mostra, apprezzata e acclamata – e la ricerca diventa Alla ricerca di Vivian Maier, un ritratto – sospeso tra luci e ombre – appassionato e appassionante.

Cinema: LEI di Spike Jonze – IDA di Pawel Pawlikowski

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 Spike Jonze riflette sulla solitudine e sull’incomunicabilità di oggi ambientando in un vicinissimo domani la storia d’amore tra il malinconico Theodore Twombly –  il quale come lavoro inventa e scrive lettere per altre persone – e la sinuosa e accattivante voce femminile di un sistema operativo.

Pawel Pawlikowski riflette sulla solitudine umana nonché sulla memoria della Polonia ambientando nel 1962 la vicenda di una novizia che prima di prendere i voti intraprende con zia Wanda – la sorella della madre mai conosciuta prima – un breve viaggio alla ricerca delle sue origini.

Lei e Ida sono usciti nelle sale lo stesso giorno, sono scritti molto bene, sono diretti con stile e maestria impeccabili, sono interpretati da attori e attrici eccellenti, insomma sono due film imperdibili.

Cinema: “The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca”, di Lee Daniels

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La vita di Cecil Gaines dai campi di cotone della Giorgia alla Casa Bianca dove lavorerà come maggiordomo dal 1952 al 1986.

Mentre Cecil per 34 anni serve il tè, lucida le posate e le scarpe di sette presidenti osservando in silenzio, fuori il mondo cambia, la Storia si interseca con la sua storia e la generazione dei figli – rappresentata dal figlio più grande –  combatte per il riconoscimento dei diritti civili degli americani di colore.

The Butler procede piatto e a tratti è lento, sullo schermo scorre la Storia e in sala serpeggia un po’ di noia, il film intrattiene senza strappare lacrime – il che va anche bene – ma non regala grandi palpiti né emozioni – il che va meno bene perché tutto sommato dispiace non partecipare alle vicende -.

 

Una famiglia perfetta di Paolo Genovese

Leone è un cinquantenne tanto benestante quanto cinico e solo.

Però non vuole trascorrere la vigilia e il giorno di Natale in solitudine in una villa della campagna umbra e allora ingaggia una compagnia di attori per interpretare la famiglia che non ha, non ha mai avuto e che forse neppure vorrebbe. E così il racconto si sviluppa alternando finzione e realtà in un film generoso di spunti di riflessione, intelligenza e sorprese.

“Una famiglia perfetta” è una commedia piacevole diretta da Paolo Genovese e interpretata da una compagnia di attori – tra i tanti citiamo Sergio Castellitto, Marco Giallini, Claudia Gerini, Francesca Neri, Carolina Crescentini e Ilaria Occhini nel ruolo della nonna  – tutti in parte.

Un appunto: troppo lungo.