Archivio dell'autore: Mariangela

Achtung, perquisizione

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1 ottobre, mercoledì, serata indimenticabile.

Ore 22.30, stranamente sono già a letto, stiamo guardando la TV quando si sentono dei rumori in lontananza. La mia concellina dice: “Sembra una battitura lontana.” (Battitura sbarre. Fatta dagli agenti, quotidianamente, per accertarsi che qualche detenuto non abbia segato le sbarre.). Mi sembra impossibile, la battitura a quest’ora? Poi i rumori si sentono più vicini, tanta gente che corre, ride, parla sulle scale.

Noi siamo al penale, a pianterreno, adesso i rumori si sentono sopra di noi, letti spostati, battitura alle finestre. Sì, sono proprio qui, prima al secondo piano, poi al primo, sono molto agitata, non è mai successa una cosa simile, non riesco a stare nel letto. Mi chiedo cosa stia succedendo, lo chiedo alle mie concelline, tutte a letto, come se loro sapessero qualcosa, se fossero preparate. Prendo uno specchio e guardo dal blindo, il cancellone è chiuso, non si vede nulla. Dopo circa più di mezz’ora, si rumori si attenuano, mi calmo un po’, mi dico: forse è finito. Poi incominciano di nuovo, passi, chiavi, parlottare, casino, i passi si fanno più vicini, sì sono al penale, sono da noi!

Aprono la nostra cella, due agenti a noi sconosciute ci dicono di uscire e di andare in socialità. Chiedo loro cosa sta succedendo, perché? L’agente mi ripete di uscire, non mi dà nessuna risposta, ci perquisiscono e usciamo, mamma mia! Quanti agenti, donne e uomini, erano, non saprei, tantissimi, non ne avevo mai visti così tanti, tutti insieme. Con tutte le altre detenute ci siamo ritrovate in socialità, a noi è andata bene, alcune sono state spogliate nude! In sei anni è stata la prima volta che capitava una cosa simile, una perquisizione notturna, ministeriale? Non saprei. Non è stata data nessuna spiegazione. In socialità, tutte mute. Solo poche erano stupite. Ero la sola a essere così agitata? Sembrava che la maggior parte di loro fosse al corrente. Mah!

Dopo circa trenta minuti siamo ritornate in cella, mio Dio! A quell’ora di notte, quel casino, tutto da risistemare, agitata com’ero. Meno male che non mi è venuto un infarto. Mi sono sentita proprio in carcere – proprio una detenuta – così non ce lo dimentichiamo, per quanto io non lo dimentichi mai, né dove sono, né purtroppo perché sono qui.

Dopo aver rimesso a posto velocemente quel caos sono tornata a letto, ma mi sentivo sporca, la cella era sporca e non sono riuscita a riprendere sono, tanta era ancora la mia ansia. Per un attimo ho pensato a quello che potevano aver passato i prigionieri durante la guerra, nei lager nazisti, quando li prendevano per trasportarli dove sappiamo. Mi sono sentita come loro: terrorizzata! Spero, finché resto in galera, che non succeda più niente del genere, per me e per tutte le altre.

 

 

Mondiali ’82… mitici… io c’ero!

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Vacanze ’82, avevamo deciso di tornare in Spagna, in un appartamento a Tossa de Mar. Era l’anno dei mondiali di calcio e, per l’occasione, avevo cconvinto le mie amiche – eravamo un gruppo di sei ragazze – a fermarci in un campeggio fuori Barcellona per assister alla partita Italia-Brasile. Anche se nessuna di loro era tifosa, l’entusiasmo di assistere a una partita così importante aveva eccitato tutte. Quel giorno, di prima mattina, avevamo lasciato il campeggio già “vestite” per l’occasione: tre di noi indossavano a mo’ di top una bandiera-triangolo-italiana e, ognuna aveva in testa un nastro bianco, rosso e verde.

Arrivate a Barcellona, gasatissime e accaldate – le temperature sfioravano i quaranta gradi – trovammo un’atmosfera fantastica: tantissima gente per le strade, un entusiasmo e un calore coinvolgenti; mentre andavamo in giro a “far casino”, fummo intervistate da un’emittente sudamericana. L’emozione era tale che rispondemmo balbettando uno stentato: “Forza Italia….vinceremo!”

Arrivate allo stadio e raggiunta la nostra postazione sugli spalti ci rendemmo conto di quanto fosse scomoda e lontana dal campo. Cominciai subito a lamentarmi con un poliziotto, carinissimo, che mi rispose con un sorriso accattivante: “Italiana…tranquilla.” e ci accompagnò in tribuna dove ci fece accomodare su sei poltrone con una visuale fantastica. Non finivamo più di ringraziarlo. Visuale ottima, tifo spietato, urla, risate, abbracci, baci. Un brasiliano seduto accanto a me mi regalò il suo cappellino, cominciò la partita più bella di quel mondiale.

Il nostro ineguagliabile Rossi segna e GOOOAAALLL, – due delle mie amiche si chiamavano Rossi di cognome e il fratello di una di loro: Paolo –  L’omonimo Paolo Rossi fa tre goal. Avevamo vinto! Anche le mie amiche seppur non fossero tifose, si erano esaltate al massimo, prese da quell’atmosfera. In seguito incontrammo dei ragazzi toscani ai quali ci aggregammo per i festeggiamenti notturni: pazzeschi giri in automobile, sepolti dalle bandiere, e dalle grida di giubilo per la nostra vittoria. La notte la passammo fra la hall dell’albergo dei toscani e le passeggiate nelle ramblas a bere champagne fino a mattino inoltrato quando telefonammo a casa, ai nostri genitori per farli partecipi di tanta felicità. Ritornammo in campeggio stanche, sudate, ma felici.

L’appartamento a Tossa de Mar ci aspettava, e facendo base lì, tornammo a Barcellona per seguire le ultime partite. La notte della finale eravamo a Barcellona dove eravamo andate per vedere la fontana magica di Montjuïc, quella spettacolare esibizione di colori, luci, movimento, musica e giochi d’acqua. La partita la seguimmo in un bar. Mentre il Presidente Pertini applaudiva dalla tribuna e Nando Martellini gridava: campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!!! Noi, pazze di gioia, ballavamo sui tavoli e poi di nuovo a festeggiare per le strade di Tossa de Mar, eravamo i campioni del mondo di calcio.

Troppo bella quella vacanza, indimenticabili quei giorni. Tutto rimarrà sempre nei miei ricordi felici perché….io c’ero! Ricordi che mi aiutano a “tirare avanti”, anche oggi, anche qui, dal carcere di San Vittore, in cui sono da quasi tre anni. Bei ricordi che nessuno mi toglierà mai, anche se pervasi di grande nostalgia.

di Mariangela, tifosa ‘51

 

Andiamo a teatro

mariangela

Sono in carcere da quasi cinque anni, e partecipo a diversi corsi, per interesse, per piacere, per non pensare troppo, e anche, sì, per occupare il tempo per non cadere nella noia o peggio nella depressione e nella disperazione.

Quando vidi in bacheca la locandina per l’iscrizione a “teatro”, ero un po’ indecisa, ma poi mi buttai. La nostra regista, Donatella Massimilla, aveva scelto un dramma “La casa di Bernarda Alba” che il poeta spagnolo, Federico Garcia Lorca, scrisse nel 1936 poco prima di essere ucciso dai falangisti. La storia è ambientata negli anni ’30 in Spagna e racconta di una madre severissima che, dopo la morte del marito, tiene segregate in casa le sue cinque figlie …come fossero in un carcere. Era da tempo, ci disse la regista, che voleva portare in scena in un istituto carcerario proprio questo dramma.

Io facevo la parte di Ponzia, la serva saggia che, come spesso succede in questi casi, si mostra più lucida della padrona e sente che, tra le mura domestiche, la tempesta si sta avvicinando. Non vi sto a raccontare tutto quello che successe durante le prove… chi veniva trasferita, chi rinunciava, chi (beata lei!) usciva agli arresti domiciliari, le discussioni continue sul fatto che per noi il “carcere” di Bernarda Alba non era finzione, ma dolorosa realtà… insomma un dramma nel dramma. Finché arrivò il giorno della prima che ebbe luogo nella nostra bella biblioteca; furono invitate alcune persone e venne anche la RAI a fare un servizio per il programma Uno mattina.

Lo spettacolo fu un successo, recitammo tutte con grande serietà, con verità, con quella tensione e quella partecipazione emotiva che, secondo me, provano i veri attori quando entrano in scena e rappresentano il “dramma”. Tutti ci fecero i complimenti, fummo sommerse dagli applausi, mi sentivo – non ridete – una vera attrice, un pochino importante, ero felice ed emozionata, contenta, insieme a tutte le altre compagne, di avercela fatta; avevamo vinto la scommessa: eravamo riuscite a recitare.

La nostra un po’ “folle” regista, era soddisfatta come noi e ci disse che una consigliera provinciale, presente alla rappresentazione, ci aveva invitate a portare questo dramma fuori dal carcere,  proprio nella sede della Provincia, a Palazzo Isimbardi a Milano…mio Dio…e chi se lo sarebbe mai immaginato!…Ciao a tutti, alla prossima.