L’appuntamento era alla Scala. Il sovrintendente Alexander Pereira, gentiluomo elegantissimo, mi ha baciato la mano, mi ha aperto tutte le porte, siamo saliti sulla sua macchina. Mi ha chiesto, gentile: “Cosa dico?”. L’ho guardato sorpresa: “Racconti l’opera, vedrà che è più semplice di quanto possa pensare”. Insomma, non sapevo come rispondergli. Siamo arrivati a San Vittore, ci ha accolto il direttore Gloria Manzelli, siamo stati condotti nel luogo dell’incontro, dai raggi sono arrivati i detenuti con i loro educatori. L’impatto è stato forte. Il direttore ha voluto che io dicessi due parole, poi ho passato il microfono al sovrintendente ricordandomi ciò che mi aveva detto. Dopo due minuti, la metamorfosi: meglio di Gian Maria Volonté. Ha cominciato a camminare avanti e indietro parlando d’amore. L’amore che manda avanti il mondo, l’amore coniugale di Leonora che, vestita da uomo, tenta di liberare il marito finito in carcere. Sempre parlando d’amore, guardava detenuti e detenute raccontando l’importanza della musica, che è l’unico linguaggio universale. Poi uno scatto: ha invitato tutti personalmente alla diretta del Fidelio, ha detto che lui non avrebbe potuto esserci perché era il padrone di casa alla Scala, ma avrebbe voluto essere lì con loro e avrebbe portato in futuro i cantanti e la Turandot, che aprirà l’expo. Un detenuto in prima fila ha alzato la mano: ” Io esco a maggio, il suo invito è a giugno. Posso tornare?”.

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