L’uomo del labirinto, di Donato Carrisi

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La giovane Samantha Andretti, rapita 15 anni prima mentre stava andando a scuola, si risveglia in un letto d’ospedale. Non ricorda niente di niente, a suo fianco c’è il dottor Green, un medico profiler che le parla per ritrovare dentro di lei indizi di chi la rapì. In parallelo Bruno Genko, investigatore privato maleodorante e molto stropicciato peraltro alla fine dei suoi giorni, incaricato ai tempi dai genitori della ragazza per ritrovarla, cerca il sequestratore… Dopo La ragazza nella nebbia Donato Carrisi porta sullo schermo un altro suo romanzo, L’uomo del labirinto, catapultandoci in mondi sotterranei, o comunque claustrofobici e chiusi dove niente (e nessuno) è come sembra, peccato l’intreccio sia confuso e la carne al fuoco davvero troppa tra riferimenti e rimandi continui, dissolvenze,  nuovi personaggi, maschere. Intanto in sala, tra uno sbadiglio, un’occhiata alle lancette dell’orologio e un altro sbadiglio e nonostante i tempi si allunghino e quel po’ di tensione cali, si attende l’incontro tra Toni Servillo/Bruno Genko e Dustin Hoffman/dottor Green, che alla fine ci sarà ma che non lascerà il segno. Ricapitolando: molte ambizioni, grandi aspettative, un risultato non alla loro altezza.

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