Leone nel basilico, regia di Leone Pompucci

di

 

poA Roma, nel deserto di ferragosto.

Maria Celeste (Ida di Benedetto) ha suppergiù sessant’anni, è una vedova incattivita dal suo vissuto, è sofferente e solissima ma combattiva e vive in una casa di riposo dalla quale ogni tanto fugge – con un carrello della spesa – per andare a trovare il figlio, dice, in realtà va a vagare e spesso a sedersi su una panchina della stazione. Un giorno una giovane prostituta parecchio svitata  le molla tra le braccia Leone – il suo bambino di dieci mesi – per andarsi a fare un giro. Giulietta finisce sotto un tram e muore e Maria Celeste si ritrova neppure troppo suo malgrado a doversi occupare di quel pupo rimasto solo al mondo che avrà l’effetto di ricongiungerla alla vita.

Strano film il quarto film di Leone Pompucci, sgangherato, visionario, poetico e sovraccarico di riferimenti (l’elefante, ed è subito Fellini), di simbolismi e metafore, di musica e di ambizioni recitative – recitano tutti in modo enfatico e sopra le righe – ed estetiche, e se gli ingredienti fossero stati dosati, amalgamati, combinati e collegati meglio e con più misura ne sarebbe potuta venire fuori una bella e dolceamara favola metropolitana dei nostri tempi.

Insomma, Leone nel basilico poteva essere un film al quale volere molto bene, comunque Pompucci ha un’ idea personale di cinema e dimostra coraggio, quindi gli si vuole bene lo stesso.

 

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