Alaska, regia di Claudio Cupellini

di

alFausto, un italiano di 30 anni, e Nadine, una francese di 20, stanno fumando nella terrazza di un albergo di Parigi dove lui lavora come cameriere e dove lei sta facendo un casting per fotomodelle. Iniziano a parlare, si capisce da subito che sono entrambi molto fragili, tanto indifesi e disperati e soprattutto soli e senza radici. Di lì a poco Fausto finisce in galera per aver malmenato un cliente che li aveva sorpresi nella sua suite, Nadine a Milano per sfilare, si ritrovano dopo qualche anno, innamorati di un amore tormentato fatto di amore e di odio, e di botte, e di urla, e di ostacoli, e di sangue, e di pressioni, e di gelosie, e di tradimenti, e di riappacificazioni in un continuo su e giù di dramma e melodramma, fino a che in galera ci va a finire lei…

Su e giù e ancora su e di nuovo giù tra dramma e melodramma, si diceva, e il problema del film sta proprio in questo sali e scendi certamente vitale ma ripetuto, ripetitivo e alla fine estenuante e così la storia a furia di accumulare a un certo punto inizia ad arrancare e a deragliare per alcune scelte stonate che le levano credibilità e inoltre anche se i due protagonisti (Elio Gemano e Astrid Berges-Frisbey) se la cavano nei loro ruoli estremi non ci si appassiona più di tanto alle loro sorti.

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