Neve, regia di Stefano Incerti

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Un uomo, una donna e tanta neve.

Lui è Donato, un infermiere carcerario alla ricerca del bottino di una rapina compiuta in zona anni prima. Lei è Norah, una donna equivoca e appariscente in fuga da un tipo violento che la scarica dalla macchina, proprio mentre sta passando Donato.

Lui le offre un passaggio, i due continuano il viaggio insieme lungo le strade piene di neve, deserte e silenziose tra Ovindoli e Rocca di Mezzo, in Abruzzo. Ognuno si porta dietro segreti, ombre e tormenti, ognuno cerca di intuire quelli dell’altro, il dialogo tra i due almeno all’inizio è ridotto all’osso, e quando Donato prova ad aprirsi e a raccontarle perché gli servono tanti soldi, Norah fiuta l’odore del danaro e la faccenda si complica.

Fino al finale in sospeso lasciato all’interpretazione di ogni spettatore.

Neve è un nero malinconico e struggente con pochissimo sangue e senza assassini girato soprattutto in macchina e tutto incentrato sulle psicologie, gli sguardi, i silenzi e le sfumature di due vite allo sbando nonché sul paesaggio che ne è il terzo se non addirittura il protagonista principale, e se la messa in scena convince, affascina e crea tensione e suggestioni convince di meno la sceneggiatura, un po’esile e frettolosa, in ogni modo l’interpretazione superlativa di Roberto De Francesco – una maschera di dolore che non si dimentica – da sola basta per scegliere, tra le tante pellicole sotto l’albero di Natale, anche Neve.

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