Synecdoche, New York. Regia di Charlie Kaufman

di

Synecdoche

Caden Cotard – un regista teatrale – ha problemi con la moglie, ha problemi di lavoro, ed è tormentato da una misteriosa malattia che gli fa temere l’avvicinarsi della morte.

Da qui la decisione di allestire assieme a degli attori lo spettacolo della sua vita ricreandone luoghi e ossessioni in un viaggio – lungo vent’anni – che al cinema dura più di due ore durante le quali si vorrebbe riflettere su vita, morte, depressione.

Synecdoche, New York: ecco un film (uscito adesso, è del 2008!) che ha diviso la critica e che probabilmente dividerà il pubblico.

Per alcuni è il capolavoro memorabile di un regista geniale, per altri è un’opera irrisolta, ambiziosa, che si perde per strada in troppe allegorie. Per quanto mi riguarda la penso come questi ultimi, e ho trovato il film faticoso, sfinente e volutamente compiaciuto, complicato e cervellotico, a partire dal titolo. Detto questo l’interpretazione di Philippe Seymour Hoffman, da poco scomparso, è fuori discussione: grandiosa.

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