Padri e figlie, regia di Gabriele Muccino

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foto-padri-e-figlie-1030x615Avanti e indietro nel tempo tra il passato alla fine degli anni Ottanta – quando papà Jake (Russell Crowe) dopo la morte della moglie in un incidente stradale e dopo un periodo di riabilitazione in clinica deve pure vedersela con i cognati che vogliono portargli via l’amatissima figlioletta Katie – e il presente – quando Katie, diventata una psicologa esperta in bambini problematici nonché Amanda Seyfried, vive imprigionata dai fantasmi del passato, dai ricordi, dalla paura dell’abbandono e della perdita, si autodistrugge dandosi a sconosciuti amanti occasionali pur di fuggire dalla possibilità di essere amata e felice: ecco in sintesi Padri e figlie, il melodrammone americano strappacore di Gabriele Muccino dove il presente si intreccia di continuo al passato essendone il risultato.

Il tentativo di scavare nei traumi affettivi e tormenti vari riesce abbastanza e il film tutto sommato mantiene ciò che promette al netto delle tante troppe corse a perdifiato a piedi o in bicicletta per le strade di New York, dei tanti e troppi pianti, delle canzoni strappalacrime, di altri eccessi sparsi e degli attacchi all’America, paese insensibile che in un battibaleno ti spedisce dalla stelle alle stalle.

Da amare o da detestare. Ma si può anche restare a metà strada.

Un pensiero su “Padri e figlie, regia di Gabriele Muccino

  1. Pierfranco Bianchetti

    “Muccino il regista sentimentale trapiantato a Hollywood, la psicanalisi al cinema e Sigmund Freud”.
    Gabriele Muccino vive fuori Los Angeles da diversi anni.
    Ha lasciato Roma e trapiantato tra le palme della California ha ottenuto un buon successo con i primi suoi film in Usa.
    Anche questa volta ci regala un melodramma familiare non malaccio che si lascia vedere.
    E’ vero come scrive Ilaria che il film può piacere o può essere profondamente detestato.
    Spesso la reazione alla visione di una pellicola è fortemente personale e condizionata dagli eventi della nostra vita (anche ai critici professionisti succede e non dovrebbe…).
    Se per esempio abbiamo vissuto un trauma o una sofferenza per una certa situazione possiamo rifiutare lo stesso tema, quello rappresentato sullo schermo che ci riporta alla nostra realtà.
    Non è giusto, ma è così.
    E fosse ancora vivo chiederremo lumi al dr. Freud Sigmund nel suo studio a Vienna ( se andate in Austria correte a vedere il luogo dove è nata la psicanalisi…è davvero emozionante…).
    A proposito di Freud lo sapete che nel 1925 un grande produttore di Hollywood si recò nel suo studio a Vienna per proporgli di diventare sceneggiatore in America offrendogli un sacco di soldi?
    Il tycoon era convinto che nessuno come lui con la sua competenza dell’ animo umano avrebbe potuto affascinare il pubblico cinematografico con i suoi copioni.
    Il grande Sigmund non la prese bene considerando la proposta, benchè finanziariamente conveniente, uno sgarbo alla sua scienza e mandò via in malo modo il produttore.
    Che tempi…….

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