Premessa: i terremoti sono una faccenda seria.
Devastano, uccidono, mettono paura, fanno tremare solo a nominarli e la faglia di Sant’Andrea, si sa, minaccia la California.
Ma questo film catastrofico – dove Ray, pilota dei vigili del fuoco di Los Angeles, deve affrontare scosse, sbriciolamenti e distruzione per salvare l’ex e ancora amata moglie Emma e la figlia Blake – si regge su una serie di dialoghi ridicoli per non dire comici e alla fine quasi quasi gustosi, sulla totale assenza di qualsivoglia spunto originale e su molte dosi di retorica.
In ogni modo, San Andreas distrugge e sbriciola ponti e grattacieli, ma rimette in piedi la famiglia del pilota.
Nelle cronache calcistiche sui giornali degli anni Cinquanta e Sessanta si usava l’ espressione “tiro telefonato”, quando un attaccante scagliava nella porta avversaria una palla assolutamente prevedibile per il portiere che non aveva difficoltà a pararla. E’ quello che viene in mente allo spettatore vedendo questo film. “Adesso sta a vedere che succede questo….” e ancora “oddio non capiterà mica questa cosa ?” Regolarmente le sue intuizioni risulteranno azzeccate al millimetro finchè le palpebre non cedono ad un sonno ristoratore in attesa di svegliarsi e di raggiungere l’ uscita del cinema. Siamo cattivi ? Forse però sinceramente dopo la valanga “disasaster movie” cui abbiamo assistito per anni qualcosa di nuovo, di imprevedibile si poteva pure inventare. Altrimenti dove è l’ emozione che il cinema, questo straordinario veicolo di conoscenza, di cultura e di divertimento, dovrebbe infondere al pubblico come faceva Charlie Chaplin che tra i più primi ha fatto piangere e ridere nel buio delle sale cinematografiche milioni di spettatori in tutto il mondo…..