Occhio a queste parole!

di

alessandro_bergonzoni

A proposito di condivisione, vorrei condividere con voi queste parole. Lina

Parlando di morte e di arte non posso non sentirmi coinvolto, in quanto eterno morto e, spero, futuro artista. Lo stesso posso dire riguardo al tema della cura: non posso non parlarne, in quanto eterno curabile, eterno curante ed eterno curato (senza alcun riferimento al significato religioso di questo termine). Il problema più grande è che morti si nasce, vivi si diventa. La difficoltà a diventare vivi è dovuta proprio alla paura della morte: in questo senso, quelli che io chiamo i “mezzi di distrazione di massa” hanno fatto un lavoro preciso e meticolosissimo, interessante ma di una violenza inaudibile, proponendoci solamente la fuga dalla morte, ovvero la sua rimozione. Qualcuno – e io sono senz’altro tra questi –  si ostina a credere che si possa curare la morte attraverso l’arte: ecco, l’arte potrebbe essere il Caronte che ci porta verso una forma esagerata, profonda di aldilà, aiutandoci ad andare oltre, a parlare d’altro. Purtroppo oggi tutti noi siamo molto lontani da questo concetto, perché il comune parlare, esclusivamente di tipo economico e finanziario, ci ha allontanati e distratti, direi quasi castrati. Io definisco il nostro lo strato umano e non lo stato, nel senso che questi temi vivi e vividi, importanti e attuali, sono stati ricoperti da molti altri strati più superficiali, terreni e attuali. È la nostra malattia più grave, quella del “Morbo di Cronac”, siamo vinti quotidianamente da un’attualità che parla di morte ma non affrontiamo mai realmente questo tema.

Tratto da: L’arte come cura, con Giuseppe Sassatelli, Asmepa Edizioni, Bologna 2012.

http://www.asmepaedizioni.it/

2 pensieri su “Occhio a queste parole!

  1. Sintetico

    Gran belle parole queste di Bergonzoni
    Sono mesi che sto vivendo con la morte (la malattia di mio padre), è un periodo di riflessione continua e anche una sorta di “getta le zavorre Sintetico!?”; l’arte secondo me è una voce della morte perché si attualizza con gli occhi del presente qualcosa di pensato molto ma molto prima, quando il nostro presente era in divenire.

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