Tutti a Padova

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La rivincita del Bembo

Nei programmi scolastici lo saltavamo bellamente o al massimo lo consideravamo un minore. Errore grave da matita blu. Che viene riparato dalla mostra dedicata a lui nella sua città di elezione, Padova (fino a maggio). Pietro Bembo( veneziano e figlio cadetto di doge) era veramente un personaggio curioso, interessante, moderno e all’avanguardia anche per i suoi tempi , il Rinascimento, estremamente frizzante. Artisti e papi (Cosimo de Medici di cui fu segretario particolare, una specie di padre George), riformatori( Erasmo da Rotterdam) e intellettuali ruotavano intorno a lui. E il Bembo ne approfittava per mettere insieme una delle più belle collezioni d’arte al mondo (da Bellini a Tiziano, da Mantegna a Raffaello) tanto che si dice che la “casa delle muse” dove raccoglieva i suoi tesori abbia dato origine al nome e al concetto di museo moderno. Subito dispersa con la sua morte dal figlio che ignorò gli ultimi desideri del padre.

Oggi la collezione personale dopo 500 anni è stata rimessa insieme. E già questo è un motivo enorme di richiamo per visitare ora Padova, città forse troppo messa in ombra da Venezia e troppo segnata dalla presenza del santo (Antonio naturalmente) e dal flusso di pellegrini e devoti, per mettere in mostra chicche e tesori davvero attraenti.

Si gira comodamente a piedi o in bicicletta e questo rende tutto più gradevole. Le piazze delle Erbe, della Frutta, dei Signori, Garibaldi, sono ampie e ben sistemate e costellate di bar e caffè dove impera lo spritz (bisogna dire anche tra qualche proteste notturne dei residenti). Mancano i grandi palazzi signorili di Venezia, Verona, Vicenza. La città dei “gran dottori” fu sempre abitata da un ceto colto intellettualmente, i professori, ma privo di grandi sostanze economiche.

 

L’università

Padova è infatti una città piena di giovani e universitaria per eccellenza (seconda più antica dopo Bologna, l’università risale al 1222 e ha avuto docenti del calibro di Galileo Galilei, Copernico , Francesco della Rovere (papa Sisto IV) , Pico della Mirandola , Leon Battista Alberti , Francesco Guicciardini , lo stesso Bembo , Torquato Tasso , Paolo Sarpi , Telesio e Campanella.

Anche gli studenti vip non mancarono: Carlo Goldoni , Ugo Foscolo, Giacomo Casanova e non ultima Elena Lucrezia Cornaro Piscopia , prima donna al mondo a laurearsi in Filosofia, nel 1678). Prima di arrivare a palazzo Bo (ex albergo del Bove , da qui il nome) sede dell’università dove si trova anche il primo gabinetto di autopsia o teatro anatomico (proibito dalla chiesa ma tollerato da Venezia) che ospitava fino a 200 studenti intorno al tavolo settorio, non bisogna perdere la celeberrima Cappella degli Scrovegni con il ciclo degli affreschi di Giotto ma neppure la vicina chiesa degli Eremitani , testimonianza del più grande delitto della storia moderna dell’arte. Durante la Seconda Guerra Mondiale, marzo 1944, una cannonata americana distrusse anziché le postazioni nemiche la più grande serie di affreschi firmate dal Mantegna nell’abside della chiesa. Con il tempo e l’azione dei computer, in parte sono stati recuperati, frammento per frammento, fotografati, scannerizzati e rimessi nella posizione originale. Un monumento alla follia della guerra e all’ostinazione della scienza.

 

La piccola Venezia

Altra meraviglia di Padova è il sistema di canali che prendendo acqua dal fiume Brenta e circondano la città sul modello di Venezia che non a caso governò la città per quattro secoli dopo aver fatto fuori fisicamente la famiglia dei signori locali, i Carraresi. Dall’imbarco alle Porte Contarine al Bastione Castelnuovo fino al Portello

 

Il teatro

A pochi passi dal prato della valle, la piazza più vasta della città, un altro tesoro nascosto: la Loggia e l’Odeo Cornaro. Due capolavori del Rinascimento padovano. Edifici e giardini pensati in funzione di fondali teatrali dove rappresentare spettacoli di varia natura tra cui quelli licenziosi e corrosivi del Ruzante.

 

Il Modernismo

Cambio totale di scena per godersi il Palazzo Liviano, incorporato nel palazzo del Capitanio (i governatori militari mandati qui da Venezia a controllare la città). Il nome è antico ed è un omaggio a Tito Livio ma la costruzione è un bellissimo esempio dell’architetura del regime fascista: la firma è di Gio Ponti, gli affreschi di Massimo Campigli, la scultura di Arturo Martini.

 

La civiltà del caffé

Stanchi? Meglio una sosta in un caffè sotto il vasto palazzo della Ragione, l’antico tribunale, che divide le due piazze dei mercati della frutta e della verdiura, un enorme spazio a due piani utilizzato per mostre di arte contemporaneea (io ne ho visto una bellissima con le installazioni video e sonore di Plessi) con i cicli delle stagioni e i segni zodiacali affrescati sulle pareti. O spostarsi di qualche metro per sedersi a un tavolo dello storico caffè Pedrocchi, la prima casa del caffè inventato dal bergamasco Antonio Pedrocchi 241 anni fa, nel 1772 per gustare le prime tazzine dal magico aroma. E mai frequentato per un’antica leggenda dagli universitari prima della laurea, pena il mancato raggiungimento della stessa.

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