Il libro che mi ha cambiato la vita? La Recherche

di

Fu, come dicono i ladri d’auto al processo, una pulsione irresistibile. Avevo in tasca i soldi che la mamma mi aveva dato per comprare il regalo a mia sorella. C’era premeditazione? In un certo senso. In quel 1966, passavo nelle librerie aprendo con aria svagata il Proust di George D. Painter, troppo caro per il mio portafogli che arrivava appena ai libretti grigi della Bur. Mi ero reso conto che con quella somma avrei potuto comodamente comprarmi quel libro. Non ricordo esitazioni ne´ rimorsi, ma sento ancora il dolce peso del volume Feltrinelli con la sovracopertina bianca, nera e blu. A casa venni giustamente sgridato, ma mio padre non si sogno` di farmelo riportare indietro e mia sorella si limito` a tenermi il broncio per qualche giorno. Quello era stato uno strano anno. Avevo iniziato a leggere Alla ricerca del tempo perduto di Proust a settembre e, quando l’avevo
finito, in quel giugno caldo, alla vigilia degli esami di quinta ginnasio, avevo provato un senso di vuoto. Non sapevo ancora di essere stato drogato e che l’effetto sarebbe durato per molti anni e forse dura ancora. Leggevo Proust non solo come un’opera letteraria, ma anche come un manuale di vita. Percio` avevo un particolare bisogno di chiarire i dubbi lasciatimi dal libro con la straordinaria biografia di Painter. Non sapevo cosi` di contraddire apertamente la mia guida, Proust, che detestava ci si occupasse dell’esistenza di un autore. Ma la tentazione era troppo forte. Painter
era la mappa ideale per esplorare Alla ricerca del tempo perduto.
La sua onesta` era assoluta: « Non ho inventato il minimo dettaglio. Anche quando riporto i termini di una conversazione, quando descrivo
l’aspetto del cielo e l’espressione di un viso in un certo momento, non procedo se non con la certezza assoluta ». Sarebbe quasi impossibile descrivere una vita con lo sguardo vastissimo e forzatamente contraddittorio del suo protagonista. Per attraversare quel continente sterminato, spesso il biografo si rassegna a scegliere una delle infinite linee che lo attraversano. Solo nei casi piu` rari, come nel Proust di Painter, si sfiora la visione &ælig;rea, in cui ogni cosa puo` apparire e trovar posto in un orizzonte magicamente esteso.
Assorbito dalla Ricerca, avevo studiato poco, tranne la storia, che pero` avevo preparato sui libri di Montanelli. Invece di salvarmi con un ultimo slancio, mi tuffai nella vita di Proust. Cominciai a imitare lo squisito Swann. Cercai invano una cravatta tortora come quella portata da Proust piu` o meno alla mia eta`. Il meccanismo proustiano della memoria involontaria mi attr&ælig;va decisamente meno. Cominciai a apprezzarlo solo molti anni dopo. Diventai snob? E come avrebbe potuto non esserlo un discepolo di Proust? Ero pero` snob in astratto, « in sonno », in attesa di qualcosa
da ammirare. Anche se Swann, uno degli squisiti eroi della Ricerca, faceva l’agente di cambio, la Milano degli anni Sessanta assorta nel culto del denaro non era la citta` piu` adatta alla ricerca di supreme eleganze.
Arrivai agli esami come un vero marziano, ignaro del programma, ma in possesso di una vasta quanto inutilizzabile cultura proustiana. In compenso, come ogni ragazzo che ha letto troppo e vissuto troppo poco, ero arrogante e mi ritenevo al di sopra di tutto.
Pensavo ancora ingenuamente che la cultura e l’intelligenza fossero dei valori indiscutibili e andavo ingiustamente orgoglioso del poco che avevo dell’una e dell’altra. Andai agli esami senza la minima ansia, pensando solo a reimmergermi nella vita di Proust. Fu cosi` che mi diedero quattro esami a settembre. Da allora e per molto tempo non toccai piu` Proust ne´ Painter, che, mi sembrava, si erano rivelati poco adatti a guidarmi. Li avevo amati e mi avevano tradito. Non sapevo ancora che quello era il vero insegnamento di Proust.

pubblicato per gentile concessione di Longanesi, tratto da I libri ti cambiano la vita. Cento scrittori raccontano cento capolavori, a cura di Romano Montroni.
 

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