Il libro che mi ha cambiato la vita? Bel-ami e altri

di

Ventimila leghe sotto i mari, Anni verdi di Cronin, l’enciclopedia I Quindici, Capitani coraggiosi (?), tra suore, genitori, m&ælig;stre, inquilini, antichi recensori. Ma la prima delle letture « rimanenti» (che restano) e` stata: Bel-Ami di Maupassant. «Leggilo!» mi ha detto un fidanzato di mia sorella a quindici anni (i miei).
La professoressa di cui mi innamorai al liceo, trent’anni (i suoi), mi disse: « Vorrei che lo leggessimo assieme ». Erano le p&œlig;sie di Prévert, con tutto quello che centra e non centra e poi concerne. Ma forse l’unico vero immergere me nel pianeta liber e` avvenuto negli anni Ottanta alla libreria Palmaverde di Roberto Roversi, a Bologna, dove mi facevo circondare e soffiare dai suoi libri assemblati a mano, sulla p&œlig;sia sua e di quegli anni che passava da ovunque a li`. Incontri su incontri. Quindi persona, luogo, atto, movimento: mai solo il libro in se´, che si insinuava comunque e certamente (dopo o durante ma mai per primo). E di p&œlig;sia, versi e versi, ancora ora, tanta. I nomi fateli voi: meno di un quarto li ho letti… Un titolo in assoluto? Devo dire chi svetta a prescindere dai generi? Se devo, penso a Joyce per almeno tutto Finnegans Wake; e non lo tengo mai sui  comodini degli idolatratori professionisti, ma ne leggo tre parole alla volta (prima di svegliarmi). Colpa di Rodolfi che mi ha detto che un  dipendente di una fabbrica bolognese (Sabiem, Magneti Marelli?) era nato per tradurlo. Comunque (e probabilmente) nessun libro mi ha, come dite tutti, « cambiato la vita » (forse la vita mi sta cambiando i libri…); ma qualcosa di tellurico e` avvenuto, ripeto, per alchimia di facce, gesti e volume di contagi. L’incrocio, portentoso, pericoloso, di iniziazioni e di sorti, faceva di piu` di quel po’ (mai di piu`) che osavo leggere. Toccarli,
vederli, cercarli, olfattarli, regalarli, averli, spostarli, non mi ha mai fatto ammalare d’amore per loro, ma qualcuno mi cerca ancora e magari va chiesto a quel libro perche´ mi traduce. Penultimamente ho affiancato testi come Malattia e destino di Thorwald Dethlefsen, tanto Rudolf Steiner, non poca La Nuova Medicina Germanica di Hamer: tutto quello che la tristezza di certi « certi » bolla come New Age o Esotericheggiante, e che la meraviglia di certi autori (certi di non saper di New Age & Co.) scrive. Adesso (ecco l’ultimamente) che mi sono arrivati addosso i cataloghi d’arte,
di mostre, le biografie d’artisti, i loro diari (Beuys, Kandinskij, Bacon, Rothko, Burri, Moreni, Novelli, Paladino, Cuniberti…), fatico molto non solo ad entrare ma anche a bussare alle porte del romanzo, tantomeno della letteratura itterica, delle sue cronache piu` o meno storico-poliziesche e delle manfrine da psicologia del personaggio… Ecco perche´ preferisco dire che certi libri che ho frequentato mi hanno cambiato… la morte!

pubblicato per gentile concessione di Longanesi, tratto da I libri ti cambiano la vita. Cento scrittori raccontano cento capolavori, a cura di Romano Montroni.
 

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