STORIA DI PANCIA – 2. Anna

di

Ripensando a luglio mi rendo conto che la perdita di Anna, mia cugina, ha potuto molto sul desiderio di avere un bambino; anche la morte deve avere un significato, non esclusivamente negativo. Innesta reazioni, è una provocazione, feroce, che spinge, a suo modo, a reagire.
Anna è nata spensierata e ribelle; a quattordici anni ha cominciato a bucarsi; disgraziatamente, anziché fare come i tossici “per bene” (che si fanno solo al sabato sera e di nascosto), lei abbandonò proprio la strada di casa, vivendo quella che considerava solo un’esperienza fino in fondo. Portava le unghie lunghe e colorate, aveva un accento spaventoso, ma aveva conservato il portamento regale di chi, da piccola, riceveva il biberon da un minuscolo piatto d’argento.
Anna era stata “salvata” cinque anni dopo, a vent’anni, da un coraggioso fratello maggiore che l’aveva ricondotta, inizialmente con la forza, nel mondo dei “sani”. Era diventata talmente normale che la trovavo perfino noiosa; del passato non si parlava mai perché lei l’aveva spazzato via, tuffandosi un giorno in una fontana, sotto gli occhi allibiti di chi le stava intorno. Io adoravo questa sorellina ritrovata, la chiamavo la mia metà pazza, anche se era diventata bacchettona e perbenista (allora non approvava che vivessi, a vent’anni, con un uomo di quindici più vecchio di me).
Tre anni dopo è cominciato l’orrore. Due gli avvertimenti: aveva lasciato senza apparente motivo il ragazzo al quale era legata da anni e non aveva partecipato al mio matrimonio per colpa di un’influenza. Poco dopo seppi che era ricoverata per una broncopolmonite. La distanza tra le nostre città, il silenzio dei suoi, la mia incapacità di essere invadente, il terrore di una conferma mi hanno dilaniato i nervi fino a quando mi ha chiamato lei, prima dell’estate. Faceva finta di niente, si è parlato delle solite cose, con il tono scanzonato di sempre, come se fossimo ancora piccole. Ho scoperto dopo che in due anni è stata ricoverata sei volte per la broncopolmonite ed ha avuto un’operazione alla gamba (che nessun chirurgo le voleva fare). Con una forza sovrumana, la sua, ha superato tutto e ripresentava regolarmente, finita la convalescenza, bella, piena, i capelli d’oro, lunghissimi. E’ venuta perfino a Milano a trovarmi per natale. L’argomento era ancora tabù ma lei era cambiata: capricciosa, chiamava in continuazione sua madre, faticava a fare le scale.
In primavera è arrivata la prima lettera; faceva di tutto per sembrare una di quelle interminabili che ci scrivevamo da ragazzine, però lo spettro qua e là compariva. “Il passato è passato, ho pagato, pago ancora, spero che non pagherò per sempre”; e ancora: “un giorno ti arriverà una lettera che ti farà piangere e mi dispiace, ma dobbiamo essere sincere come da ragazzine”.
La lettera non è mai arrivata, ha preferito dirmelo per telefono lasciandomi prima un messaggio in segreteria, “ho una brutta malattia, fanno la pubblicità in televisione, con una musica terribile”. La conferma: spaventosa. Come la sua voce, chiusa nella segreteria telefonica, piena di paura. L’ho chiamata subito. Ho sentito che preferiva sdrammatizzare e così le ho detto una serie di banalità cui non avrebbe creduto neanche un bambino.
Ma davvero pensavo che ce la facesse.
Sono andata a trovarla in maggio. Era di nuovo in ospedale, magra, con i capelli, corti e senza luce, ma gli occhi identici a sempre. Non riuscivamo a guardarci in silenzio, non siamo mai rimaste sole, quando l’ho salutata mi sono voltata indietro, non lo faccio mai. Dopo il suo ventiseiesimo compleanno è cominciata l’agonia. Di nuovo i telefoni sigillati, il muro intorno, che ho rispettato fino alla fine. Due mesi dopo un minuscolo cuore batteva dentro di me.
 

© Ludovica Amat, riproduzione vietata

15 pensieri su “STORIA DI PANCIA – 2. Anna

  1. gatta

    …temo che la fragilità umana, talvolta, non lasci scampo. Il peccato più grande, per tua cugina come per chiunque altro ci caschi dentro, è lo spreco immane di possibilità, energie, felicità, sentimenti, vita incompiuta.

    Replica
  2. ludovica amat

    sul destino la penso diversamente. penso a un grande disegno all’interno del quale le nostre azioni hanno un valore, certo, ma sempre relativo. anna, per esempio, ha cominciato a bucarsi a 13 anni, in un contesto familiare e sociale lontano anni luce dall droga (sto parlando anche di 30 anni fa) difficile che al suo destino non abbia partecipato attivamente anche qualche altro “artefice”. penso anche che sul nostro destino pesino oltre le azioni anche le “non azioni”, i silenzi degli altri. ci si lamenta spesso del “silenzio di dio”, a me assorda di più il silenzio degli uomini. comunque in alto i cuori, la vita non smette mai di offrire occasioni di felicità, al di quà e al di là della pancia!

    Replica
  3. orckidia

    Penso che, se il nostro destino è scritto, è in inchiostro cancellabile… noi ci troviamo davanti a degli incroci, dipende dalla strada che scegliamo. Cara Ludo, non ci sono i tossici “per bene”, ci sono i tossici e basta. Anche quelli del sabato e domenica, che si credono superiori e chissà perchè non ammettono la loro dipendenza, ci son dentro con tutte le scarpe. Cos’hanno visto i miei occhi… Vabbè dai, io aspetto che nasca FAGIOLO, 3a o 4a puntata? 🙂

    Replica
  4. ludovica amat

    he he, per conoscere fagiolo ci vuole ancora qualche capitoletto. anche ora non lo si può definire esattamente un tipo precipitoso. anticipo solo che il travaglio è durato 3 giorni (con io che mi ripetevo che l’avevo detto che mica era possibile ci fosse un bambino dentro di me) però ne è valsa decisamente la pena. oltertutto è veramente simpatico, solare, quando entra in casa è come se si accendesse la luce. vabbè, forse esagero. cuoredimamma. è un attimo e si scivola nella parodia della mammissimaitalianissima.

    Replica
  5. Nontiscordardime

    Ludovica Ludovica… sei molto pericolosa, sai? Racconti qualsiasi cosa in modo così naturale che fai venir voglia di seguirti a ruota libera. Fortuna che ho poco tempo e molta poca voglia di ricordare… se non fosse per il tuo nome, mannaggia. Mi limito solo a dirti che le persone che si amano ci sono sempre, anche quando non ci sono più. E’ quello che ho imparato. Ho anche imparato che la morte è come una soffice coperta che riscalda ogni ricordo come il pane e non ti fa vedere quelli brutti. Ho imparato che non è vero che con il tempo dimentichi (per fortuna!) il dolore della persona persa. Semplicemente il tempo ti insegna a sopportare quel dolore che rimane sempre lo stesso. Talvolta si nasconde, si dimentica di te, qualche volta si prende una breve vacanza per poi puntualmente ritornare da te, sempre li, sempre così simile a se stesso. Puntuale come un brufolo prima di una foto importante. Silenzioso come un neo che va ogni tanto controllato e di cui ti ricordi solo al momento del controllo, magari. Ma la cosa più bella è che ho capito è che non ha importanza se le persone che ami ci siano o non ci siano. Ho capito che la più grande fortuna che possiamo avere avuto nella nostra vita è stata la possibilità di averle incontrate e amate, sia pure per breve tempo. Di tutto questo dolore mi è rimasta solo questa certezza: l’essersi incontrati. Del resto, del destino di chi ne è l’artefice, di chi ha avuto più fortuna nella vita, di chi ha avuto meno rimpianti, di chi ha sprecato la propria vita, di chi l’ha vissuta a pieno… poco mi importa. Mi importa sentirmi parte di un puzzle e essermi potuto incastrare, avere avuto questa fortuna. Voi donne poi.. ne avete una più.. questi piccoli pezzi di un puzzle potete crearli.. Non avere paura di mostrare un cuore di madre, perché lo sei.

    Replica
  6. ludovica amat

    Grazie nonty. Come mi ha scritto un amico “grande” l’altro giorno, sono felice di vivere in anni interessanti. Una delle cose interessanti e’ che gli uomini danno voce alle loro emozioni, questione che prima, dalle convenzioni, era sconsigliata. Fa bene agli uomini, alle donne e anche ai bambini, cresceremo tutti piu’ felici e con maggiore equilibrio.

    Replica
  7. Nontiscordardime

    Ah! Per questo devo rinngraziare la mamma.. è stato lei ad insegnarmi a parlare.:) Delle emozioni, intendo. Da questo punto di vista tu sei molto simile a lei, me ne rendo conto solo ora che ci penso. Anche lei ha la capacità di raccontarsi senza inutili coperture e dire le cose così come stanno, semplicemente. Sono contento per te allora… tuo figlio assimilerà la stessa qualità. Adesso capisco perchè tanta luce e positività in casa. Grazie a questa proprietà ho sempre vissuto serenamente e sono certo che questo (l’essere sereni) sia il colore della luce di cui parli. Inchino.

    Replica
  8. Pulcina

    Quando leggo certe “condanne senza appello” formato post mi vengono i brividi…
    Si sbaglia, si commettono errori, alcuni errori sono particolarmente gravi, io stessa credo molto nella nemesi… ma chi sono per ritenere “giusta” la sofferenza di un altro?
    Forse sono particolarmente sensibile all’argomento perché un paio d’anni fa una sentenza del genere me la sono sentita dire io… poi quella brutta cosa si è rivelata benigna ma questa è un’altra storia…
    Salutone a tutti, un abbraccio a Ludovica.
    Dimenticavo: Nonty, se non ci fossi bisognerebbe inventarti

    Replica

Rispondi a Anny ciaoooo!!!! Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *