Le scuole italiane per la libertà di espressione in Turchia

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Invitiamo tutte le scuole italiane a partecipare a questa ed ad altre iniziative di solidarietà agli insegnanti, agli studenti e a tutto il popolo turco diffondendo e pubblicando sul sito della propria scuola questa lettera aperta scritta da un nostro collega, nella quale si chiede al governo turco di smettere immediatamente tali politiche repressive e liberare tutti i detenuti per reati di opinione contro il regime.
Per dare sostegno ai nostri colleghi l’importante è essere uniti e compatti perché possano sentire un’unica voce forte e decisa di solidarietà.
Puoi confermare la tua adesione e partecipazione all’iniziativa ti basterà inviare una mail all’indirizzo scuoleperlaturchia@gmail.com

Turchia

Libertà per avvocati,musicisti,docenti e giornalisti incarcerati

Sono oramai all’ordine del giorno notizie sulla repressione fatta in tutti i modi da parte del regime turco nei confronti degli oppositori ma anche contro chi esprime semplici opinioni non allineate al pensiero comune. Repressione che si è esponenzialmente alzata dopo il “tentato golpe” del luglio 2016 ed il susseguente Stato di emergenza decretato lo stesso mese. Stato di emergenza formalmente revocato dopo oltre due anni ma con tutta una serie di decreti emergenziali diventati ora, per gran parte, leggi dello Stato.
In sostanza uno Stato di emergenza perenne.
Da quando l’ascesa politica di Erdogan è arrivata al suo culmine, la Turchia non è più il paese che abbiamo tutti imparato a conoscere ed amare nel passato. Un popolo fiero e legato profondamente alle sue tradizioni, una grande nazione cerniera tra oriente ed occidente che ha lentamente rinnegato il suo glorioso passato per diventare vittima di un sistema politico in cui non possiamo minimamente riconoscerci.
Da anni il popolo turco vive in una situazione inquietante che ci dimostra che le grandi conquiste dei popoli del ‘900, come la democrazia e la laicità, possano essere ribaltate nel giro di pochi anni nel silenzio assoluto del mondo.
E questo lo ribadiamo, non in un piccolo Stato ma nella più grande potenza democratica laica medio orientale che si sia affermata in quell’area del pianeta.
La Turchia è sempre stato un paese ricco di contraddizioni e di certo, siamo consapevoli che non sia possibile attribuire al regime di Erdogan tutte le gravi storture del sistema politico turco, eppure quello che sta avvenendo in questi anni non può lasciare indifferenti.
Un Paese difficile dove, però, il dibattito democratico è sempre stato vivace, magari anche forte nei toni e nei modi ma sempre presente e vivo. La partecipazione è stata la cifra distintiva di quel popolo che proprio la sua fierezza non l’ha visto essere mai sottomesso.
Una classe intellettuale e culturale che si è sviluppata nella culla della cultura occidentale, una sintesi unica che fino a pochi anni fa era l’esempio vivente che culture come quella orientale e quella occidentale potevano convivere pacificamente.
Cosa è successo poi? Qualcosa si è rotto con l’avvento di Erdogan, eletto prima sindaco di Istanbul nel 1994 e poi tra i fondatori, nel 1998, dell’AKP, Partito per la Giustizia e lo Sviluppo.
Erdogan ha ottenuto una grande vittoria alle prime elezioni alle quali ha partecipato, nel 2002, assumendo l’anno dopo proprio la carica di Primo Ministro. Durante questo suo mandato istituzionale ha dato grande impulso ai negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea.

Nel 2014 Erdogan vince le prime elezioni presidenziali turche con elezione diretta del Presidente, precedentemente eletto dal Parlamento e di lì portando avanti una riforma della costituzione finalizzata ad accentrare sempre più poteri sul presidente e così facendo puntando a destabilizzare il paese.

La politica di Erdogan punta non solo alla repressione dell’opposizione ma entra nelle scuole e nelle università con opere di intimidazioni se non vere e proprie rappresaglie verso coloro i quali non si allineano alle idee del regime.
Ogni giorno ci arrivano centinaia di segnalazioni di insegnanti ed avvocati arrestati e ad oggi, di molti di loro, non si hanno più notizie. All’ordine del giorno ci sono opere di intimidazione che vedono oramai abolita la libertà di insegnamento.

Il mondo della scuola indipendentemente dal grado e dal luogo, non può rimanere indifferente rispetto a ciò che accade in un paese vicino ed amico.

E’ a scuola che abbiamo imparato come gli orrori che si sono compiuti non debbano ripetersi e occorre prendere una posizione chiara per non essere tra coloro che nel silenzio si sono resi complici di olocausti e genocidi.
Perché abbiamo imparato che la storia non solo si studia ma se ne diventa parte mentre si vive la propria epoca, in un modo o nell’altro. La scuola, luogo simbolo dell’educazione, della convivenza pacifica e della solidarietà non può restare indifferente a quello che si sta compiendo nelle scuole e nelle università della Turchia, ma anche nei luoghi di cultura e fino ad invadere ogni aspetto della vita del popolo di Turchia.

 

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