“Il mio quartiere”: Brera – Marco Romano

di

foto Marco Romano

Marco Romano, architetto e autore di saggi di storia dell’urbanistica

Qual è il suo quartiere?
Brera

Il quartiere ha una sua identità precisa? E qual è?
L’identità, mi dispiace, è un carattere della persona, è rigorosamente individuale e non può essere di un quartiere o di una città. Possiamo invece parlare di riconoscibilità entro l’ambito cittadino, e Brera è riconoscibile per la Pinacoteca e per i bar e i caffè che hanno ereditato l’immagine di un quartiere di artisti.

Chi vi abita si riconosce in lui?
Credo di sì, perché poi quando una persona sceglie di abitare in un determinato quartiere più o meno ne intuisce la riconoscibilità e va da abitarci anche per questo (al netto di molte altre motivazioni che hanno il medesimo peso: quelle affettive, quelle economiche, quelle tradizionaliste, quelle sentimentali).

Ha una storia, aneddoto, episodio interessante sul suo quartiere?
Mah, appunto la leggenda del Jamaica, il caffè degli artisti: è uno stereotipo ricorrente in molte città europee e dunque tale da costituire il terreno di confronto e di familiarità con le altre.

In questi ultimi anni il quartiere è cambiato molto?
Nelle città i negozi cambiano quasi del tutto nell’arco di una generazione, le case impiegano più tempo ma anche quelle sono l’esito di una modificazione del gusto, quelle moderne degli anni Sessanta ora vengono spesso considerate un obbrobrio ma forse verranno riscattate dalle generazioni successive: come la Cà Brutta, di Muzio, in via Turati che viene considerata oggi quasi un museo.

Quali sono i difetti del quartiere? (rumore, movida, traffico, carenza di mezzi, troppi negozi)
L’adesione a un quartiere dovrebbe comportare di accettarlo com’è, e dunque non mi lamento di nulla, considerando tutto quanto un indice della sua vitalità, ma spesso le persone tollerano male i cambiamenti, non soltanto quelli del quartiere.

Quali sono le cose belle?
Nella città europea la nozione corrente è sempre stata quella di decoro, nella consapevolezza appunto che le propensioni estetiche cambiano nel tempo, mentre la bellezza pretende in se stessa di essere eterna: allo stato delle cose forse il palazzo di Brera e la chiesa di San Marco, perché espressioni di una volontà di durare nel tempo, quella degli ordini religiosi.

C’è un mercato e lei ci va?
Sono un assiduo frequentatore dei mercati del lunedì e del giovedì in piazza San Marco, soprattutto per le bancarelle degli alimentari – ma non solo.

Il Comune di Milano, secondo lei, lavora bene per rendere migliore la città?
Ogni amministrazione del Comune, ovviamente, pensa di rendere migliore la città, ma i cittadini debbono lamentarsi sempre: perché quella di questi ultimi anni non ha pedonalizzato via Brera? basterebbe un cartello che vietasse la sosta.

C’è qualcosa che consiglierebbe al Comune per migliorare il suo quartiere?
Ecco appunto questo, per esempio. Ma se ascoltate in giro tutti hanno qualcosa da chiedere o qualcosa di cui lamentarsi: la chiamano democrazia.

Nel suo quartiere ci sono aree verdi e sono curate?
Mancano consistenti aree verdi, e basterebbe semmai andare all’orto botanico: ma la richiesta di verde sembra essere un must, più che un vero desiderio, altrimenti – nonostante la sua mancanza a Brera – i prezzi delle case non sarebbero così elevati.

Lei fai qualcosa per il suo quartiere? O le piacerebbe farlo?
Brera è oggi un quartiere di benestanti attempati dove ormai i bambini sono rarissimi e manca quindi quell’occasione essenziale della socializzazione che sono le scuole, dove le mamme – donne peraltro lavoratrici – riescono a ritagliarsi uno spazio materiale in cui tessere relazioni di quartiere.

 

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Informazioni su Letizia Rittatore Vonwiller

Letizia Rittatore Vonwiller ha scritto e scrive per varie testate del gruppo Rizzoli (Io Donna, Casamica, Amica), occupandosi di attualità, arte, libri e bellezza. L'opportunità di lavorare per la bellezza le ha fatto scoprire un mondo affascinante. È convinta, come Dostoevskij, che "la bellezza salverà il mondo".

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